Coltivare patate nello spazio come Matt Damon in “The Martian” è possibile, ecco come. E l’idea è tutta italiana

Coltivare patate nello spazio come Matt Damon in “The Martian” è possibile, ecco come. E l’idea è tutta italiana

di Simone Pierini
Sopravvivere nello Spazio coltivando patate. L’impresa di Mark Watney in The Martian sembrò una vicenda lontana anni luce dalla realtà, fino ad oggi. Interpretato da Matt Damon, il protagonista del film di Ridley Scott rimase bloccato su Marte in seguito a una tempesta che lo fece credere morto dai suoi compagni che fuggirono dal Pianeta Rosso per far ritorno a casa. Da bravo botanico, decise di utilizzare le patate della scorta della “cambusa” spaziale per sopravvivere. Creò una serra e riuscì a coltivarle salvando la sua vita in attesa dell’arrivo dei soccorsi.

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Pensare a un qualcosa di simile riportandolo nella realtà sembrava una vera utopia. E invece ecco l’incredibile ricerca che non si limita alla coltivazione di patate, ma anche alla creazione di un ecosistema nello spazio.

Tutto questo potrebbe diventare possibile grazie al ‘microcosmo' che permette di far crescere piante in ambienti estremi come lo spazio messo a punto dall'Enea, presso il Centro Ricerche di Portici (Napoli). Utilizzando la terra, e non una soluzione di acqua e nutrienti come gli altri orti spaziali, il sistema simula le condizioni di un campo, ma al chiuso, e permette di coltivare ortaggi come patata, pomodoro, lattuga e basilico, e per la prima volta in queste condizioni, persino alberi, come l'ulivo.



Messo a punto in collaborazione con il Gruppo industriale FOS, il sistema permette infatti la crescita di piante legnose in ambienti chiusi normalmente inadatti alla loro coltivazione, come aeroporti, metropolitane, centri commerciali, ma anche estremi come deserti, aeree polari e lo spazio. «I nostri microcosmi sono veri e propri ecosistemi, diversi dalle serre e dalle camere di crescita tradizionali, e sono in grado di replicare fedelmente in laboratorio quello che avviene in un campo coltivato», rileva Luigi d'Aquino del Laboratorio Nanomateriali e Dispositivi dell'Enea di Portici. Questo è possibile, grazie all'uso di due ‘camere' per la coltivazione: una sotterranea per le radici e l'altra superiore per il fusto e la chioma. Pur essendo indipendenti, le due camere, sono, però, intercomunicanti, proprio come avviene in natura, grazie agli scambi gassosi che avvengono attraverso il terreno, dove crescono le radici.

Il simulatore inoltre usa un apparato hi-tech per gestire la crescita delle piante: sensori per il controllo dei parametri, come umidità e temperatura, che influenzano sviluppo e riproduzione e luci a led che permettono di controllare con precisione l'illuminazione, selezionando le lunghezze d'onda più adatte alla crescita. La tecnologia brevettata dall'Enea è nata nell'ambito del Laboratorio pubblico privato Tripode ed è in via di ulteriore sviluppo grazie al Progetto ISAAC cofinanziato con oltre 4,7 milioni di euro dal programma europeo Horizon 2020 e dal PON Imprese & Competitività 2014-2020 del Ministero dello Sviluppo Economico, al quale partecipa anche l'industria Becar.
Ultimo aggiornamento: Martedì 8 Maggio 2018, 17:33
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