Covid, i vaccinati contagiano 5 volte meno degli altri. «Con Delta servivano due dosi, con Omicron tre»

Covid, i vaccinati contagiano 5 volte meno degli altri. «Con Delta servivano due dosi, con Omicron tre»

Se nei primi mesi di somministrazioni del vaccino anti Covid sembrava che i vaccinati fossero protetti sia dalla malattia che dal contagio (e quindi non contagiassero a loro volta), successivamente è emerso che anche i vaccinati potevano contagiare. Ma uno studio, pubblicato su Nature Medicine e condotto dall'Università di Ginevra, svela meglio le probabilità che succeda: secondo questo studio chi è vaccinato può ammalarsi di Covid, ma ha una capacità fino a 5 volte più bassa di trasmettere a sua volta l'infezione rispetto ai non vaccinati. Per ottenere questo risultato con la variante Delta inoltre erano sufficienti due dosi di vaccino, mentre con Omicron ne servono tre.

La ricerca ha confrontato la carica virale infettiva di 118 campioni prelevati a pazienti infettati dal virus di Wuhan, 293 dalla variante Delta e 154 dalla variante Omicron BA.1. I ricercatori non si sono limitati ad analizzare la quantità di materiale genetico del virus presente nei campioni, un valore fornito dall'esame usato comunemente nei tamponi molecolari (la PCR), ma hanno misurato la quantità di virus che fosse realmente in grado di infettare le cellule. La PCR, infatti, «è molto efficace per identificare le persone infette ma non indica se sono infettive, cioè capaci di trasmettere il virus ad altri», ha spiegato in una nota Isabella Eckerle, a capo del Centro per le malattie virali emergenti dell'ateneo svizzero.

Lo studio ha innanzitutto scoperto che la quantità di materiale genetico del virus quasi mai corrispondeva alla capacità infettiva. Il team ha poi rilevato che nel complesso, la carica virale infettiva del gruppo Delta era 2,2 volte più alta rispetto a quella del gruppo infettato con il virus originale. Tuttavia, le persone infettate da Delta che avevano ricevuto due dosi di vaccino a mRNA avevano una carica virale infettiva 4,78 volte più bassa rispetto alle persone non vaccinate. «Per la coorte Omicron, contrariamente a quanto si può presumere data la sua rapida diffusione, la carica virale infettiva era complessivamente inferiore a quella della coorte Delta», ha aggiunto Eckerle.

Inoltre, per Omicron occorrevano tre dosi di vaccino per ottenere una riduzione della carica virale infettiva, che in questo caso era di 5,3 volte rispetto ai non vaccinati.

Per i ricercatori, lo studio conferma la capacità del vaccino di limitare la capacità di trasmissione del virus. Resta da capire perché Omicron sia così contagiosa nonostante la bassa carica virale infettiva: «Non lo sappiamo ancora, ma i nostri dati suggeriscono che sono in gioco altri meccanismi infettivi», spiega una delle autrici dello studio, Pauline Vetter.

Perdita olfatto causata da risposta infiammatoria

L'anosmia, cioè la perdita dell'olfatto, è un sintomo frequente tra i pazienti Covid-19, che permane spesso per molto termine anche dopo la guarigione. A provocarla, tuttavia, potrebbe non essere direttamente il virus, bensì il nostro stesso corpo nel tentativo di difendersi dall'attacco di SarsCoV2, secondo quanto sostiene uno studio coordinato dalla Johns Hopkins University School of Medicine e pubblicato su Jama Neurology.

«Come neuropatologo mi chiedevo perché la perdita dell'olfatto fosse un sintomo molto comune nel Covid-19 ma non in altre malattie respiratorie», afferma Cheng-Ying Ho, primo autore dello studio. Per rispondere a questo quesito i ricercatori hanno raccolto i tessuti dal bulbo olfattivo alla base del cervello - una regione che trasmette gli impulsi nervosi che trasportano informazioni sugli odori - di 23 persone decedute per Covid-19 e un gruppo di controllo di 14 persone decedute per altre cause.

«Quando abbiamo confrontato i tessuti, abbiamo scoperto che i pazienti Covid avevano un danno vascolare più grave e molti meno assoni nel bulbo olfattivo. Tuttavia, nella maggior parte dei pazienti deceduti per Covid-19 non sono state rilevate particelle di SarsCoV2 nel bulbo olfattivo», continua Cheng-Ying Ho. Questi risultati, secondo i ricercatori, suggeriscono che la perdita di olfatto non sia conseguenza diretta dell'azione del virus SarsCoV2, ma dell'infiammazione che ne consegue e che a sua volta danneggia i neuroni, riduce il numero di assoni disponibili per inviare segnali al cervello e provoca la disfunzione del bulbo olfattivo. 


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 13 Aprile 2022, 16:28
© RIPRODUZIONE RISERVATA