Coronavirus, l'infettivologo Galli: «L'epidemia è partita da un ospedale, per questo tanti contagi»

Coronavirus, l'infettivologo Galli: «L'epidemia è partita da un ospedale, per questo tanti contagi»

di Simona Romanò
Massimo Galli, infettivologo, professore di malattie infettive all'Università di Milano e primario del Sacco, c'è da temere la diffusione dei contagi anche a Milano?
«Un altro focolaio esplosivo come quello del Lodigiano non si verificherà, perché a Milano ora sono messe in atto tutte le precauzioni possibili, che abbassano le probabilità di diffusione della malattia. Come, ad esempio, l'annullamento della partita. Tuttavia altri casi sporadici si registreranno».
La paura, che diventa psicosi, è motivata?
«La psicosi non è mai motivata e il nostro sistema sanitario, lavorando come in questi giorni, limiterà la quantità di malati. La situazione che stiamo fronteggiando è ovvio che spaventi e non possiamo far finta di niente. Non è banale influenza, ma una malattia da tenere sotto controllo, guaribile, il cui il rischio di letalità non è elevata».
Perché tutti questi casi nel giro di pochissimi giorni?
«Si verificata una situazione particolarmente disgraziata, perché c'è stata un'epidemia ospedaliera. Una persona si è ammalata, il 38enne di Codogno, e non aveva nessun apparente legame né con la Cina, né con persone contagiate. Andando al pronto soccorso ha infettato, inconsapevolmente, molti operatori sanitari, i degenti, i parenti dei degenti. Infatti, gran parte delle persone infette hanno relazione con l'ospedale di Codogno».
Nei prossimi giorni cosa ci dobbiamo aspettare?
«Credo che siamo stati capaci di mettere in atto tutte le contromisure necessarie in tempi utili, quindi, i casi potranno aumentare e li gestiremo, ma in tempi brevi si potrà vedere una flessione».
Oggi, Milano, dopo il weekend si animerà. È un rischio?
«Non ha senso pensare di bloccare la città quando ora che la situazione è circoscritta a una realtà precisa, quella del Lodigiano. Non ci sono focolai ovunque, quindi, la persone devono proseguire con la vita normale, evitando locali chiusi e affollati, lavando spesso le mani. E soprattutto non intasando gli ospedali, perché siamo nel mese della febbre comune. Ricordo che non sono state indicazioni che dicono alle gente di stare tappati in casa».
Basta però un colpo di tosse per pensare al Coronavirus.
«Non si deve morire di paura, allo stato attuale dei fatti esiste un'area di preoccupazione, ma non facciamo vincere l'irrazionalità». 
Ultimo aggiornamento: Lunedì 24 Febbraio 2020, 08:59
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