VAL DI ZOLDO - Una famiglia sconvolta, che, prendendosene cura come meglio non avrebbe potuto, l’ha accompagnato lungo tutto il percorso della malattia; e una valle incredula, che, colpita nel profondo, si è stretta attorno a lui e ai familiari, facendo sentire solidarietà e affetto sincero. Leonardo Corazza, 21 anni, Leo per gli amici, se n’è andato, portato via qualche giorno fa da un male subdolo e aggressivo, un tumore che, scoperto nemmeno un anno fa, l’aveva sempre più fiaccato nel fisico, fino alla resa, e che però non era mai riuscito ad avere ragione della sua volontà di ferro e, finché è stato possibile, nemmeno del suo ottimismo.
Andy Rourke, morto il bassista degli Smiths: aveva 59 anni e lottava contro un tumore al pancreas
IL PROFILO Praticamente "nato" in rifugio, perché la mamma Raffaella, che allora gestiva il Sora ‘l Sass di Mezzodì, l’ha portato in pancia lassù fino ad un mese dalla nascita; e in quel rifugio ha cominciato a muovere i primi passi. Garantendosi una "cittadinanza d’alta quota" che l’ha sempre caratterizzato e cui non avrebbe mai più rinunciato. «Aveva radici profonde in questa valle, cui era legato come le radici dei mughi sono avvinghiate alla roccia». Un legame che l’avrebbe portato a conquistare, divenuto grande, un rifugio tutto suo: perché nella scorsa estate ha gestito, insieme al fratello Riccardo e a Gabriele, il rifugio Bosconero, da fine maggio fino ai primi di ottobre. Dedicandovisi anima e corpo. In quota tornava regolarmente «perché al rifugio c’è da lavorare», senza mai sottrarsi nemmeno ai lavori più pesanti, «sebbene ne leggessi inequivocabilmente la stanchezza nel suo sguardo», ricorda la mamma: puntando a non farsi dettare i tempi dalla malattia, ma cercando di essere lui a dettarli.
IL CARATTERE Di ritorno da Padova, dove la Gastroenterologia di Belluno l’aveva indirizzato e dove si recava regolarmente per le terapie, non faceva niente per nascondere la flebo della chemio.
Tumore, morto lo youtuber di "Io vs cancro": Marco aveva 31 anni. La mamma: «Ha smesso di soffrire»
LA RICONOSCENZA «Leo non si è mai lamentato, ha cercato di pesare il meno possibile sulla famiglia, che voleva non soffrisse troppo per lui», conclude la mamma. Che ha però un ultimo pensiero: «Se abbiamo potuto seguirlo a casa, evitandogli ricoveri forse "ragionevoli", ma che l’avrebbero e ci avrebbero ancor più massacrato, lo dobbiamo alla professionalità e alla dedizione del servizio di cure palliative, un fiore all’occhiello della sanità veneta, che forse non tutti conoscono e il cui valore invece va conosciuto e riconosciuto non solo dai cittadini, ma anche dai vertici. Un servizio che, insieme ai nostri storici medici di base, ha permesso a Leo di rimanere fra i suoi affetti fino alla fine».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 29 Maggio 2023, 08:47
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Profilo Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout