Ebola, è emergenza: l'Onu nomina uno "zar" per combattere il virus che si diffonde in Congo
di Anna Guaita
Ebola, impennata di casi: ora il virus fa paura
Lo speciale inviato Onu ha riconosciuto che si tratta di una difficile battaglia: «Stiamo lavorando in una zona di difficoltà senza precedenti per una emergenza medica. Abbiamo mancanza di sicurezza e proteste politiche che hanno portato a periodici fallimenti del nostro sforzo di fermare la malattia». I “fallimenti” sono stati spesso sanguinosi: due cliniche da campo di “Medici senza Frontiere” sono state attaccate da ribelli, e un medico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è stato ucciso.
Il virus è infatti venuto alla luce nel nord est del Congo dove continua una spietata guerriglia di gruppi jihadisti associati a Boko Haram e al Qaeda. Sono aree ricche di minerali preziosi, ma anche terribilmente instabili, teatro di massacri e esodi di massa, dove la popolazione è diffidente di tutto e di tutti. L’arrivo di operatori sanitari stranieri con il vaccino non è sempre stato accolto amichevolmente: sobillati dei jihadisti, molti hanno creduto che i volontari fossero agenti nemici.
A differenza del 2014, tuttavia, quando i casi di contagio erano oltre mille alla settimana, questa volta il vaccino esiste, ed ha contribuito a frenare la malattia. La casa produttrice Merk l’ha regalato “a scopi umanitari” sia al Congo che ai paesi circostanti a rischio, il Sud Sudan e l’Uganda.
Ma quel che manca questa volta è la guida internazionale. Nel 2014, sebbene criticata per essere intervenuta in ritardo, la Casa Bianca di Barack Obama stanziò un pacchetto di aiuti di 6 miliardi di dollari, mandò 3 mila soldati e migliaia di infermieri per aiutare Liberia, Sierra Leone e Guinea a superare la crisi. Vennero costruiti ospedali da campo, forniture per depurare l’acqua, apparecchiature igieniche.
Questa volta dalla Casa Bianca arriva ben poco: appena dieci esperti di malattie infettive. Il timone dunque è nelle mani dell’Onu e dell’Organizzazione Mondiale della sanità, e ovviamente della comunità internazionale.
Mosoka Fallah, oggi alla Facoltà di Medicina di Harvard, e viedirettore dell’istituto della Sanità della Liberia raccomanda di usare ogni possibile sistema già inventato e utilizzato nella crisi del 2014-2016, e soprattutto raccomanda all’Oms di operare di concerto con la Chiesa Cattolica, che nel Congo conta oltre 35 milioni di fedeli, cioè più della metà della popolazione.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 24 Maggio 2019, 19:19
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