Tre tenenti medici romani nella "guerra" al Covid, dalle esperienze in ospedale ai vaccini

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di Giovanni Del Giaccio

Sono in "guerra", ma contro il Covid 19. Tre tenenti medici romani sono impegnati, insieme agli altri colleghi dell'Esercito italiano, nella campagna vaccinale a Cosenza. Ventotto anni il più giovane, trentadue la più “anziana”. Lorenzo, Rebecca e Myriam dai primi di giugno sono  in forza al Presidio Vaccinale Difesa del capoluogo di provincia calabro, dove quotidianamente il personale sanitario militare somministra oltre 600 dosi di vaccino. Il loro compito è analizzare il quadro clinico dei vaccinandi ed informarli sul farmaco che riceveranno.

La loro  storia inizia un po’ prima di questa calda estate 2021: «“Corso ‘C’ - Sperimentale alla Facoltà di Medicina de La Sapienza di Roma. Laureato a marzo 2019 con 110. Un corso duro: ci hanno messi sotto ma, alla fine, la preparazione ricevuta è tornata molto utile. Poi, subito al lavoro negli ambulatori di mio padre: non ho voluto perdere tempo e darci dentro»  racconta il tenente Lorenzo Matone, figlio e nipote d'arte, nato a Tricarico ma ad Anzio dall’età di due anni. «Mi sono arruolato ad Aprile 2020. Avevo sempre sognato di indossare l’uniforme e alla fine l’occasione si è presentata, pur in un momento non particolarmente facile per il Paese. E’ stato con l’arruolamento di ufficiali medici in ferma prefissata durante la prima ondata del Covid. Fra i primi incarichi proprio quello all’ospedale militare di Anzio; poi a Napoli in terapia sub-intensiva dove ho potuto vedere con i miei occhi la gravità e la pericolosità del virus. E ne ho visti tanti morire». Per lui anche un encomio in questo periodo.

Stessa esperienza al "Loreto Mare" di Napoli per  il tenente Myriam Maiorano, 32 anni, molisana d’origine, ma da quindici  a Roma nel Quartiere Montesacro. Ha concluso nel 2017 lo stesso corso di Lorenzo, dopo un paio d'anni di libera professione a maggio 2020   l’arruolamento. «Sono stata in servizio a Napoli da novembre 2020 a maggio 2021. C’era molta sofferenza intorno a me… Ma se mi chiede quale sia stato il momento davvero peggiore di quell’esperienza beh, posso dirle che è stato senza alcun dubbio quando sono iniziati ad arrivare pazienti giovani, di 30 e 40 anni. Terribile, poiché a quel punto abbiamo compreso come il Covid non guardasse e non guardi davvero in faccia nessuno, neanche una ragazza poco più grande di me. Una mamma di 34 anni uccisa dal virus».

Proprio nel corso della permanenza nel capoluogo campano, in piena seconda ondata, i tre si sono conosciuti stringendo un legame umano e professionale.  Rebecca Rocchi, 28 anni, è di  Roma Est e dei tre è l’ultima ad essersi laureata, a settembre 2019.

Dopo l’abilitazione l’opportunità dell’arruolamento come ufficiale medico in ferma prefissata per la lotta al Coronavirus. Una scelta fatta oltre un anno fa ma sulla quale le idee sono ancora chiarissime: «Il mondo militare mi affascinava. Inoltre, nella drammatica fase della prima ondata, la proposta dell’Esercito di andare a ‘combattere’ il Covid mi è sembrata la più concreta fra quelle valutate». Primi impegni nelle Asl, poi medicina legale, quindi ancora il Loreto Mare. «Quei  sei mesi  mi hanno mostrato il volto più duro della pandemia. Se fino a dicembre-gennaio, infatti, la maggior parte dei decessi coinvolgeva persone molto anziane, da marzo le cose sono radicalmente cambiate con il virus che iniziava a portarsi via 30enni e 40enni».

Dal 7 giugno scorso i tre si ritrovano al Presidio  di Cosenza che proprio oggi, 30 luglio, ha chiuso i battenti con risultati lusinghieri. «Situazione certamente meno drammatica della sub-intensiva - dice Myriam - ma con ritmi di lavoro molto serrati. Il nostro compito, oltre a valutare le condizioni del paziente prima del vaccino, è rassicurarlo ed informarlo». Per Matone è importante spiegare «L’importanza del gesto che si sta per compiere: ricevere il vaccino, l’arma vincente in questa guerra. Parlare con la persona, unendo la professionalità del medico all’umana empatia: l’ultima volta mi è successo con una ragazza affetta da autismo. In quel caso ho coinvolto anche i colleghi infermieri ed insieme l’abbiamo tranquillizzata, rasserenata, preparata al vaccino».

L’informazione, non sempre chiara, sulle vere o presunte contro-indicazioni dei vaccini ha destato preoccupazione negli utenti, preoccupazione che talvolta si trasforma in vero panico. «Ricordo il caso di una insegnante, i primi giorni che ero qui - dice Rebecca - La signora aveva perso il marito mesi prima, a causa del Covid. Temeva per sé, vedova e anche madre: sentiva come di rischiare troppo ricevendo la dose. Ci è voluto parecchio … a convincerla? No, non siamo venditori. Semmai a metterla in una condizione di serenità, a farle comprendere che il vaccino non è pericoloso anzi, che è l’unica difesa ai danni che il virus può provocare. Si è vaccinata e, poco tempo dopo, è tornata per vaccinare anche i figli. Quando mi ha vista è venuta a salutarmi, ringraziarmi… e a chiedere che fossi io a seguire i suoi cari».

Mancano le famiglie, ma per adesso c'è ancora molto da lavorare. Il futuro?  Myriam e Rebecca puntano alla specializzazione, mentre Lorenzo vuole continuare ad indossare l’uniforme.


Ultimo aggiornamento: Sabato 31 Luglio 2021, 11:03
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