Vaccini, l'Europa in pressing su Pfizer: «Fate produrre le dosi in Italia»

L'Europa in pressing su Pfizer: «Fate produrre le dosi in Italia»

di Gabriele Rosana

L'Unione europea aggiorna la sua strategia vaccinale per rispondere a una sfida che è allo stesso tempo scientifica e industriale: con il nuovo piano Hera Incubator presentato ieri a Bruxelles, la Commissione vuole far fronte alle mutazioni del virus con un meccanismo dedicato e preme sull'acceleratore per incrementare acquisto e produzione delle dosi. Un obiettivo chiave, quest'ultimo, che passa anche per la riconversione di impianti finora non predisposti alla fabbricazione del vaccino. «Vogliamo coinvolgere la base industriale già esistente, che in Europa non è poca cosa, e accompagnare le aziende per la realizzazione di un vero e proprio exploit industriale che renda il nostro continente autonomo nella produzione delle dosi», ha spiegato ieri Thierry Breton, il commissario europeo all'Industria e al mercato interno, che da poco più di una settimana è alla guida di una task force per il potenziamento della capacità produttiva di vaccini nel continente.

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«Creare da zero un impianto richiederebbe fino a cinque anni. La nostra strategia, invece, è di partire da quanto c'è già». I contatti della task force con le autorità italiane ed alcune aziende sono già entrati nel vivo per individuare potenziali siti nel nostro Paese che possano essere riconvertiti, nel rispetto di tutti i protocolli di sicurezza. Nel Lazio, in Toscana, in Veneto ci sono imprese farmaceutiche in grado di arrivare a una produzione in tempi brevi. Siamo al lavoro perché ciascuno faccia la propria parte - dice in sostanza Breton -, come ha dimostrato il recente ingresso di Sanofi nella catena di produzione del vaccino Pfizer-BioNTech. E l'Unione europea si offre come pontiere per facilitare i contatti tra autorità pubbliche e aziende e la cooperazione industriale, con un occhio al rispetto delle regole a tutela della concorrenza sul mercato.

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Per farlo si prevede anche la creazione di un meccanismo volontario di licenze: permetterebbe la condivisione del know-how tecnologico per la produzione dei vaccini, tutelando le case farmaceutiche, che rimarrebbero titolari dei diritti.

Una strada, questa, che spazzerebbe via ipotesi come la vendita o l'esproprio dei brevetti di Big Pharma. L'idea di lungo termine è la creazione di una rete, EU Fab, di capacità produttive pronte all'occorrenza e presenti in tutta Europa, un asset per il futuro Hera Incubator, che la Commissione vuole trasformare a regime in un'agenzia Ue dedicata alle emergenze sanitarie.

 


Il piano Ue punta anche ad aiutare i Paesi a individuare le varianti, con il sequenziamento di almeno il 5% dei campioni positivi (oggi siamo appena all'1%): un passaggio necessario per l'adeguamento dei vaccini alle mutazioni del virus e una loro rapida autorizzazione; obiettivo per il quale l'Ue mette sul tavolo 75 milioni di euro, oltre ai 150 già previsti nel programma Horizon Europe a sostegno di ricerca e scambio di dati. «33 milioni le dosi già consegnate in Europa, ma è evidente che dobbiamo accelerare la campagna», ha ammesso la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, prima di annunciare una nuova commessa di ulteriori 300 milioni di dosi del vaccino di Moderna. E sui forti ritardi nella consegna delle fiale di AstraZeneca previste nel primo trimestre dell'anno, «siamo fiduciosi che si riesca a recuperare, la produzione è drasticamente aumentata», ha detto Breton.
Ieri intanto l'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, ha dato il via libera alla somministrazione del vaccino di AstraZeneca ai soggetti in buona salute e fino ai 65 anni; ad anziani e persone fragili, invece, andranno le dosi di Pfizer e Moderna.

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Ultimo aggiornamento: Venerdì 17 Febbraio 2023, 23:59
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