Covid e zone, senza decreto le Regioni riaprono. Il Cts avverte: troppo pericoloso

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di Mauro Evangelisti

Zone rosse a Chiusi (Siena), in tre comuni dell’Abruzzo, in mezza Umbria; allarme a Bologna, per il focolaio con dieci positivi nel reparto di Gastroenterologia del Sant’Orsola, e nelle Marche, nelle scuole di Tolentino, Pollenza e Castelfidardo: sono solo cinque esempi che hanno un elemento comune, la presenza delle varianti inglese (in maggioranza) e brasiliana.

Sono campanelli di allarme che in Italia fanno alzare il livello di attenzione perché ormai si è dimostrato che la velocità di trasmissione è estremamente più elevata rispetto alla versione originale di Sars-CoV-2. Non solo: ieri il governatore del Molise, Donato Toma, ha disposto una zona rossa in 27 comuni, compreso quello di Termoli, a causa di un anomalo aumento dei nuovi casi. Non si sa se dipenda dalla presenza delle varianti, ma anche questo è un importante tassello.

 


INSIDIE


Di fronte a questo scenario, in continua espansione, l’Istituto superiore di sanità ha invitato tutti a un supplemento di prudenza; eppure tra una settimana, se non ci saranno cambiamenti, gli italiani potranno spostarsi da una Regione all’altra, purché “gialle”. «Non ce lo possiamo permettere» è la tesi del Comitato tecnico scientifico. Riaprire i confini delle Regioni è una insidia, perché la caratteristica della diffusione delle varianti, ormai lo abbiamo capito osservando l’andamento dell’epidemia negli altri Paesi europei, è che spesso cominciano a circolare sottotraccia, per poi fare esplodere i numeri dei contagi e dei ricoveri all’improvviso.

È successo nel Regno Unito, probabilmente anche in Portogallo che oggi è la Nazione europea in maggiore difficoltà. Si è visto, per fortuna con numeri molto più bassi, in Umbria.

Consentire agli italiani di muoversi liberamente da una parte all’altra del Paese, pur restando in Regioni gialle, rischia di concedere autostrade alle varianti. Per questo il Comitato tecnico scientifico aveva chiesto due provvedimenti. Il primo: prorogare lo stop agli spostamenti.

Il secondo: introdurre un altro elemento che faccia scattare misure più severe di contenimento perché, a volte, la “fascia gialla” non basta. L’idea: prevedere una fascia superiore quando l’incidenza dei nuovi casi su base settimanale risulti maggiore di 250 ogni 100mila abitanti. I governatori però si sono opposti e dunque si è rinunciato a questo paracadute aggiuntivo.

Resta il nodo degli spostamenti tra Regioni. Il decreto scade lunedì 15 febbraio. Ma solo il nuovo governo, che sta formando il presidente incaricato Mario Draghi, può varare un decreto. Faremo in tempo? Teoricamente sì, perché si prevede che entro la fine della settimana il nuovo esecutivo possa giurare. Però poi bisognerà comprendere se ci sarà la volontà di farlo.

Non potrebbe intervenire il governo uscente? Su questo si è già espresso il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, che nei giorni scorsi ha spiegato in una nota inviata alla Conferenza dei governatori: «Il 15 febbraio scade il divieto di mobilità fra Regioni. Sarà il nuovo governo a fare una valutazione, sulla base del quadro epidemiologico, sulla mobilità tra le Regioni nelle diverse fasce e in particolar modo in fascia gialla, anche perché eventuali misure limitative necessitano di un apposito decreto». In mancanza di un nuovo provvedimento, la prossima settimana gli spostamenti tra Regioni potrebbero ricominciare. Eppure, il recente report della Cabina di regia (Ministero della Salute e Istituto superiore di sanità) chiedeva, all’opposto, di mantenere altissimo il livello di attenzione. E si appellava ai cittadini chiedendo di «restare a casa il più possibile».


I NUMERI


Mai come in questa fase dell’epidemia c’è uno scostamento tra ciò che dicono i numeri (relativamente bassi, visto che buona parte delle Regioni sono in fascia gialla) e ciò che si teme possa succedere a causa delle varianti. Anche i dati sui nuovi positivi sembrano andare in questa direzione: ieri 11.641 infetti, 270 decessi, 21.272 ricoverati per Covid (meno 145), tasso di positività sul totale dei tamponi al 5,6 per cento. Ci sono però alcuni segnali da valutare: la media giornaliera dei nuovi ingressi in terapia intensiva sta aumentando (+ 7 per cento), mentre rispetto alla domenica della settimana precedente i nuovi positivi sono saliti di quasi 400 unità. Tra le Regioni, ci sono due casi da monitorare per motivi opposti: prosegue il crollo di nuovi infetti in Veneto (ieri appena 496); preoccupa l’incremento dei contagiati in Campania, ieri era la Regione con più nuovi positivi, 1.741.


Ultimo aggiornamento: Lunedì 8 Febbraio 2021, 13:41
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