Vaccino, Galli: «Il Covid muta per sopravvivere, variante brasiliana più pericolosa»

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di Mauro Evangelisti

«Per quanto possibile, è urgente una vaccinazione di massa e veloce che riduca il tempo a disposizione del virus per mutare. Le notizie sulla variante brasiliana non sono confortanti perché sono già stati registrati casi di reinfezione». Il professor Massimo Galli è il direttore di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano. È molto preoccupato perché Pfizer sta inviando a singhiozzo le dosi di vaccino acquistate («un po’ me lo aspettavo», confida). «Guardi cosa sta succedendo a Manaus, in Brasile, dove una situazione fuori controllo di diffusione di Sars-CoV-2, con più del 40 per cento della popolazione infettata, ha favorito la mutazione. Questa è la dimostrazione che l’immunità di gregge naturale, a cui qualcuno aveva creduto, non funziona. Anzi: lasciare circolare il virus liberamente è pericoloso perché a Manaus di fatto ha trovato il modo di infettare anche chi era già stato positivo».

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In che modo le mutazioni del virus possono complicare questa pandemia?
«Il virus sotto pressione produce mutazioni più fastidiose per noi. Sia l’inglese sia la brasiliana sono dotate di una maggiore capacità infettante. Ha bisogno di cambiare per continuare a circolare. Sia chiaro, non è che abbia un disegno definito. Non “antropomorfizziamo” troppo questo virus. Però la pressione subita, a causa della risposta immunitaria di tanti ospiti, finisce per selezionare le mutazioni che si vengono casualmente a verificare. E quelle che meglio si diffondono, si affermano. La cosa che spaventa della variante brasiliana è la sua attitudine a reinfettare le persone già infettate».

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In modo più cruento?

«I dati disponibili per ora ci dicono che su questo non c’è un cambiamento».
Qualcuno aveva previsto l’opposto: diventerà meno aggressivo perché così potrà circolare di più.
«Non vediamo neppure questo, purtroppo».

La variante brasiliana potrà aggirare il vaccino?

«Questo non lo possiamo dire, mi auguro di no, lo stiamo studiando. Di certo dobbiamo controllare bene il fenomeno delle varianti, studiarlo, monitorarlo. Per quella inglese invece i primi riscontri dicono che i vaccini autorizzati sono efficaci. Sia chiaro, la reinfezione è possibile anche nella prima versione di Sars-CoV-2, ma gli studi più attendibili sono rassicuranti, perché le probabilità sono sotto l’1 per cento».

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Perché in Italia non siamo abbastanza impegnati nel fare sequenziamento, dunque nel cercare le varianti? I britannici sono molto più efficienti.

«Io lo sto facendo, con il mio gruppo di ricerca dall’inizio di questa storia.

Qualche evidenza dell’inglese, in Italia, l’abbiamo trovata, di quella brasiliana per ora no. Abbiamo un gruppo che riunisce più di trenta laboratori. Finanziamenti? Zero. Eppure, questa rete, con altri centri in giro per l’Italia, sarebbe idonea a fare questo lavoro di sequenziamento anche come forma di sorveglianza. Sa cosa hanno fatto gli inglesi? Hanno messo insieme un consorzio di 30 istituzioni che hanno ricevuto del governo 20 milioni di sterline. Non proprio noccioline. In Gran Bretagna così hanno fatto già più di 100mila di sequenze e hanno sotto controllo il monitoraggio delle modificazioni. In Italia? Non siamo oltre al migliaio».

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Abbiamo preferito spendere i soldi per i banchi a rotelle?

(sospiro in sottofondo, ma nessuna risposta).
Possiamo permetterci una vaccinazione di massa mentre la diffusione del virus è così sostenuta?
«Più compatta è nel tempo e più è efficace. Però bisogna avere a disposizione, in una unità di tempo limitata, un grande quantitativo di vaccini. Non è quello che sta avvenendo. Questo è l’elemento di preoccupazione avanzato quando ci veniva detto che non sarebbero servite chiusure rigorose. Ci ripetevano: vedrete, arriverà il vaccino. E rispondevamo: no, attenzione, perché la vaccinazione avrà i suoi tempi. Le nostre previsioni si stanno avverando. Una epidemia in corso è un fattore limitante di una vaccinazione di massa. Anche perché fino ad oggi abbiamo fatto il facile, le inoculazioni negli ospedali e nelle Rsa. Con qualche criterio discutibile. Io, ad esempio, non avrei vaccinato chi l’infezione l’ha già avuta».
Perché?
«Avremo i quantitativi di vaccini necessari in tempi diluiti. Dunque, se ci sono almeno 2 milioni di italiani che hanno già sviluppato anticorpi, forse avremmo potuto risparmiare 4 milioni di dosi, riservandole agli altri. E avrei fatto anche il test sierologico rapido a tutti, prima di vaccinare».
Come ha reagito in questi giorni quando ha letto che Pfizer ha rallentato e ci invierà meno dosi?
«Me lo aspettavo. Facendo due conti, vedendo gli ordinativi a livello mondiale, era facile immaginare che avrebbero avuto problemi».
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Ultimo aggiornamento: Lunedì 18 Gennaio 2021, 15:47
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