Fecondazione eterologa in Italia a rischio dal 29 aprile: appello al ministero della Salute

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La fecondazione eterologa è «a rischio» in molti centri italiani dal prossimo 29 aprile e questo potrà determinare gravi disagi alle oltre 6mila coppie che vi ricorrono ogni anno. La denuncia arriva dalla Fondazione Pma Italia: dal 29 aprile infatti, spiega l'organizzazione, «potrebbe non essere più possibile importare gameti per l'eterologa in molti centri italiani preposti, pubblici e privati». La ragione è che il ministero della Salute ha ribadito la scadenza del 29 aprile per i centri di acquisire i certificati di conformità dal Centro nazionale trapianti (Cnt), ma molti centri ne sono sprovvisti per il «mancato rispetto della tempistica nelle ispezioni da Regioni e Enti».

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Per questo, la Fondazione Pma - principale organizzazione dei centri di Procreazione medicalmente assistita (Pma) pubblici e privati (65 centri iscritti rappresentativi del 65% dei cicli totali svolti e delle Associazioni di pazienti) - ha inviato una richiesta urgente a ministero e Cnt chiedendo una «proroga della data del 29 aprile e un'accelerazione delle opportune attività di sollecitazione alle Regioni per chiudere gli iter autorizzativi in corso». Il richiamo urgente al ministero è partito dal Congresso nazionale sulla Procreazione Medicalmente Assistita della Fondazione Pma Italia in corso a Firenze. La Pma eterologa infatti, rileva la Fondazione, «va avanti per il 95% grazie ai gameti/embrioni importati dall'estero: la mancata autorizzazione pregiudicherebbe in maniera importante la possibilità di effettuare le prestazioni di eterologa, aggravando la situazione esistente, che già vede la persistenza di importanti flussi di 'turismo procreativò (circa 10.000 sono le stime relative alle coppie, il 25% del totale dei cicli)».

«La mancata autorizzazione ai centri è però dovuta spesso al mancato rispetto della tempistica prevista dalla legge nelle ispezioni da parte delle Regioni e degli Enti preposti. Una responsabilità della pubblica amministrazione - sottolinea il direttore della Fondazione, Gianni Baldini - non può avere conseguenze sui centri e le coppie. Sarebbe inaccettabile la sospensione dell'attività per questi Centri. Ciò provocherebbe gravi danni di ordine economico per gli stessi, ma soprattutto significativi pregiudizi alla salute per le coppie che avessero nel frattempo avviato i trattamenti e che sarebbero costrette a interromperli. Facilmente immaginabili anche i contenziosi legali nei confronti dei centri e delle Autorità che potrebbero scatenarsi».

Le motivazioni del persistente turismo procreativo e delle difficoltà di reperire donatori/donatrici, sottolinea inoltre, «è imputabile alla mancanza di qualsiasi politica di informazione e al mancato riconoscimento di un idoneo rimborso ai donatori, pure previsto dalla comune Direttiva europea ma non recepito in Italia».
Ed esprimono «sconcerto e preoccupazione» anche le associazioni dei pazienti aderenti alla Fondazione Pma Italia: «Molte coppie rischiano di dover interrompere i trattamenti avviati o dover rimandare i cicli programmati o, peggio - affermano - essere costrette ad andare all'estero».

Ultimo aggiornamento: Venerdì 22 Marzo 2019, 19:01
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