Violenza negli ospedali, il ministro Schillaci: «Ma i Pronto Soccorso devono essere svuotati»

`Il ministro della Salute: «Più medicina territoriale, per il governo è la priorità»

Violenza negli ospedali, il ministro Schillaci: «Ma i Pronto Soccorso devono essere svuotati»

di Pietro Piovani

In questi giorni il ministero della Salute sta elaborando un dossier sugli ospedali più a rischio. Si raccolgono le informazioni per capire dove gli episodi di violenza nei confronti di medici e infermieri avvengono con maggiore frequenza. «Stiamo mappando gli ospedali in cui si sono registrate più aggressioni e in settimana avremo i dati» spiega il ministro Orazio Schillaci. «Il ministro dell'Interno Piantedosi ha scelto giustamente di partire dalle grandi città: da Roma innanzitutto e poi Napoli e Milano». Ma il compito di Schillaci e del suo dicastero ovviamente non si esaurisce nel lavoro di mappatura. Il fenomeno delle violenze in corsia è certamente una questione di ordine pubblico, ma a volte è anche la conseguenza del malfunzionamento delle strutture sanitarie italiane. Se un paziente aggredisce un infermiere è un delinquente, e questo non si discute, ma a favorire gli episodi di violenza e intolleranza ci sono i tempi di attesa infiniti, le barelle nei corridoi, i medici che sono sempre troppo pochi. La sicurezza del personale sanitario si può garantire solo se si interviene su più fronti.
LA PRIORITÀ
Prima di tutto bisogna riportare i pronto soccorso a una condizione di normalità. «Dobbiamo decongestionarli» dice Schillaci. «Forse è la misura più importante. È fondamentale che i malati arrivino al pronto soccorso soltanto quando ne hanno veramente bisogno. La strada è una sola: la medicina territoriale. Fino a oggi è stata l'anello debole del nostro sistema sanitario, ma ora è indispensabile rafforzarla, potenziarla, riqualificarla. Devono esserci altri luoghi in cui chi sta male riceve le prime cure». Sono cose che si dicono da anni, da decenni, ma alla fine c'è sempre l'ostacolo insormontabile delle risorse, che mancano. Questa volta però ci sono i soldi del Pnrr. «È una grande occasione da non perdere. Naturalmente è un lavoro complesso, perché l'Italia è un paese grande e lungo, e il modello che funziona per una grande città del Nord magari non va bene per un territorio di provincia del Mezzogiorno. Dovremo tenere conto delle differenze, ma questa è la grande sfida che ci aspetta e che il governo affronterà con il massimo impegno nei prossimi mesi».

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COME SI PARLA
Un'altra iniziativa che il ministro della Salute vuole avviare è la formazione dei medici e degli infermieri impegnati in prima linea: chi lavora alla medicina d'urgenza, e in generale chi ha rapporti con i pazienti in situazioni critiche, deve sapere come si parla con un malato, come si riconosce un paziente potenzialmente aggressivo, e anche come si deve reagire all'inizio di un conflitto per evitare, se possibile, che si arrivi all'aggressione. «La formazione degli operatori va rinnovata, si può imparare a migliorare la comunicazione con i pazienti. Fermo restando che in molti casi i sanitari sono semplicemente vittime di atti delinquenziali, di comportamenti inqualificabili. Sapere come comportarsi può aiutare, ma fino a un certo punto».
Tornando poi alla questione dei finanziamenti, per Schillaci sono ovviamente indispensabili, ma al tempo stesso non sono tutto. «Se rileggo quello che si scriveva sui giornali sette anni fa o più, ritrovo le stesse cose che si dicono oggi.

In questo decennio, anziché potenziare la sanità italiana, la si è definanziata, a parte la parentesi della pandemia, evento che non si verificava da cento anni e che ha portato risorse straordinarie ma per un periodo temporaneo. D'altra parte negli altri Paesi europei, Gran Bretagna, Francia, Spagna, Germania, i rispettivi sistemi sanitari vengono descritti in crisi tanto quanto il nostro. È segno che non si tratta solo di una questione di risorse, ma di modelli organizzativi». Perciò Schillaci parla di «una riorganizzazione generale » a cui pensa di sottoporre la sanità italiana.

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LE UNIVERSITÀ
Mancano i soldi e mancano anche le persone. I medici. «C'è una carenza di personale in termini assoluti - dice il ministro - e credo che negli anni passati aver ridotto l'accesso alle facoltà di medicina sia stato un errore. Ma soprattutto mancano figure specialistiche in alcune discipline. Bisogna rimediare. Mi viene da pensare che forse il problema principale sia che i medici del sistema sanitario nazionale sono pagati troppo poco». Per questo, sottolinea Schillaci, succede che per tappare i buchi nelle corsie si ricorre sempre più spesso ai cosiddetti «gettonisti», liberi professionisti pagati o meglio strapagati a ore, mentre le Asl non riescono a trovare medici da assumere di ruolo.
L'assenza di medici si aggraverà, perché una generazione molto numerosa di dottori andrà in pensione, e i giovani che usciranno dalle università con una laurea in medicina sono molti di meno. «Per affrontare la gobba pensionistica a cui andiamo incontro, dobbiamo aumentare il numero di iscritti nelle università. E dobbiamo farlo subito, perché se oggi facciamo entrare più gente a medicina i risultati li vedremo molto dopo».
 


Ultimo aggiornamento: Lunedì 16 Gennaio 2023, 15:04
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