Vaccino, un miraggio la copertura al 70%. Il professore: «Per l’estate non saremo a 1 su 3»

Vaccino, Andreoni (Tor Vergata): «Un miraggio la copertura al 70%, per l’estate non saremo a 1 su 3»

di Graziella Melina

«Con il programma attuale rischiamo di arrivare all’estate con una vaccinazione sulla popolazione che è inferiore al 30 per cento. E la copertura al 70% diventa un miraggio». Massimo Andreoni, direttore clinica malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali) non ama la previsioni e in genere non si sbilancia troppo, però, di fronte alle criticità che stanno emergendo in questi giorni, non ci gira attorno: «Il problema della vaccinazione non è arrivato improvvisamente. È una questione di cui si parla da settimane e che in qualche modo era fortemente attesa. Quindi, la mancanza di un piano vaccinale ben redatto e avviato lascia grandi perplessità».


Cosa non la convince?
«Stanno emergendo numerose difficoltà che certamente andavano analizzate molto tempo addietro, per poter poi trovare soluzioni prima dell’inizio della campagna vaccinale».


A quanto pare, le sorti del piano sono legate però alla disponibilità del vaccino finora autorizzato, cioè Pfizer.
«Non avere chiaro un piano vaccinale preciso anche nelle diverse condizioni che si vengono a realizzare è deprecabile. Poi è chiaro che alcune situazioni sono difficilmente preventivabili. Come, per esempio, dare per scontato che la Pfizer produca decine di milioni di vaccini e poi invece dover fare i conti con il fatto che la multinazionale si trova in difficoltà e non riesce a mantenere la richiesta. Si può anche preventivare però che un percorso non ancora completato, come quello della registrazione del vaccino di Astrazeneca, possa richiedere più tempo di quello che serve».

Manca in sostanza un piano B?
«Certamente. La predisposizione della campagna vaccinale deve essere fatta anche in previsione di scenari diversi. Noi non possiamo aspettare che il vaccino di Astrazeneca venga autorizzato per iniziare a organizzarci. Ci sono vaccini diversi che richiedono strategie diverse. Dobbiamo già essere pronti a conoscerli e a utilizzarli». 

Anche le Regioni però dovrebbero fare la loro parte.
«Noi abbiamo saputo con largo anticipo quali erano le quantità di vaccino che sarebbero arrivate a ciascuna di loro, quindi è sicuramente grave che a livello regionale, avendo ormai tutti gli elementi per avviare un programma vaccinale ben fatto, ci siano alcune aree che sono estremamente indietro. Certamente preoccupa in modo particolare che le Regioni del nord, le quali hanno pagato maggiormente un grande tributo per questo tipo di malattia, la campagna vaccinale proceda in maniera lenta».

Cosa manca ancora per avviare la vaccinazione?
«Ci sono numerosi aspetti che devono ancora essere definiti e risolti.

Mi riferisco alla carenza del personale medico e al fatto di non avere ancora a disposizione protocolli avviati per la profilassi. E questo preoccupa perché oggi stiamo ragionando sulla vaccinazione sostanzialmente rivolta agli operatori sanitari e alle Rsa, che sono quindi facilmente individuabili. Ma se dovessimo pensare di avviare una vaccinazione destinata a tutta la popolazione, le carenze di organizzazione che stiamo riscontrando ora sarebbero ancora maggiori. Ripeto, è un ulteriore elemento di preoccupazione vedere l’impreparazione da parte di alcune Regioni».

Da cosa dipende per lo più?
«Le motivazioni date in alcuni casi sono risibili. Per esempio, il fatto che i medici dovevano andare in vacanza e non erano disponibili per la vaccinazione. Ma di fronte a un’emergenza di questo tipo devi trovare soluzioni alternative. E poi c’è chi ha la sensazione che a volte l’ingranaggio debba ancora essere oliato. Tutto questo, invece, andava fatto precedentemente. Ci ritroviamo così a perdere in questo momento due settimane almeno per avviare un percorso che già doveva essere abbondantemente identificato. Sinceramente, è una situazione che lascia grosse perplessità. A maggior ragione, ribadisco, ci si troverà poi impreparati nel creare protocolli che saranno molto più laboriosi quando andremo a vaccinare sul territorio. E se lì non siamo già preparati e predisposti e non abbiamo le idee chiare, si creerà una situazione veramente complicata».


La vaccinazione di massa, magari anche al 70 per cento, sarà un obiettivo per nulla facile, allora.
«Se non si colmano tutte le carenze, il rischio che si corre è che nel periodo pre-estivo avremo una quantità di persone vaccinate che certamente non sarà sufficiente a creare quell’immunità di gregge indispensabile per ridurre la circolazione del virus».


Secondo lei, quante persone sarà possibile vaccinare?
«Per come sta procedendo ora il piano, purtroppo temo che all’estate arriveremo con meno del 30 per cento dei soggetti vaccinati».
 


Ultimo aggiornamento: Martedì 5 Gennaio 2021, 02:18
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