Terza dose, 4 milioni di adolescenti non possono farla: cosa succede alla fascia 12-17 anni

Terza dose "vietata" a 4 milioni di ragazzi: cosa succede per la fascia 12-17 anni

di Alberto Gentili

C’è un "buco" nel sistema di difesa degli italiani dall’assalto della variante Omicron. Non c’è immunologo o epidemiologo che non sostenga che senza la terza dose di vaccino aumentano i rischi di essere colpiti in modo pesante dalla mutazione del Covid-19. Eppure, un’importante fetta della popolazione, pari a circa 4 milioni di persone, al momento non può essere immunizzata con il richiamo o booster. Sono i ragazzi dai 12 ai 17 anni che tra l’altro, al pari dei bambini tra i 5 e gli 11 anni, non vengono risparmiati dai contagi. Anzi. Ma l’Ema, l’agenzia del farmaco europea, non ha ancora dato il via libera alle autorità sanitarie dei vari Paesi dell’Unione per procedere con la somministrazione della terza dose. Da qui lo stallo.

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L’APPELLO DI D’AMATO

Vista la situazione, si fa sentire l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato: «Faccio un appello affinché si definisca la fascia dei 12-17enni perché attualmente è una finestra non coperta dalla dose di richiamo. Stiamo attendendo la decisione dell’Ema». E ancora: «Notiamo che il virus sta correndo nelle fasce non vaccinate. Credo che questo tema dovrebbe essere affrontato rapidamente. So che l’Ema sta lavorando e il ministro della Salute è sensibile a questo dossier. Parliamo nel Lazio di almeno 400mila persone». E, appunto, «di 4 milioni a livello nazionale».

 

I DATI DELL'ISS 

Nell’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) è stato rilevato che l’efficacia dei vaccini anti Covid contro la forma sintomatica e asintomatica dell’infezione scende dal 74 per cento al 39 per cento a 5 mesi di distanza dall’inoculazione della seconda dose. Nonostante tale significativa riduzione, resta tuttavia elevata la protezione dalla malattia severa, pari al 93 percento entro i 5 mesi dal completamento del ciclo vaccinale di base e all’84 percento oltre i 5 mesi (rispetto ai non vaccinati). Grazie alla dose di richiamo o booster, in base ai dati diffusi dell’ISS, l’efficacia nel prevenire la diagnosi di positività al Coronavirus e i casi di malattia severa salgono rispettivamente al 77 percento e al 93 percento. In un precedente report il calo di efficacia dei singoli vaccini a 6 mesi dalla seconda inoculazione è stato calcolato negli intervalli di 44-47 percento per AstraZeneca; 58-72 per Moderna; e 41-69 percento per Pfizer.

Analisi epidemiologiche condotte in Israele hanno invece evidenziato che la terza dose abbatte fino a 9/10 volte il rischio di malattia grave a mesi di distanza dalla conclusione del ciclo base. È alla luce di questi dati che il ministero della Salute ha raccomandato di inoculare la terza dose a 5 mesi dalla seconda, dopo una iniziale decisione di somministrarla a 6 mesi. L’incremento dello scudo immunitario è infatti significativo e ha dimostrato di “tenere a bada” anche la variante Omicron super mutata ed elusiva, capace di ridurre in modo significativo la sensibilità degli anticorpi neutralizzanti in test di laboratorio.


Ultimo aggiornamento: Giovedì 23 Dicembre 2021, 09:00
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