Terapie intensive, i ricoveri quotidiani sono quasi il doppio dei dati ufficiali

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di Mauro Evangelisti

Quanti sono i nuovi pazienti Covid che ogni giorno vengono intubati? Un numero non lontano dal doppio di quello che viene formalmente comunicato dal Ministero della Salute alla voce “posti occupati in terapia intensiva”. Purtroppo è solo una stima, perché una rilevazione puntuale e pubblica di quel dato così importante non c’è. A quasi dieci mesi dalla scoperta dei primi due casi positivi al coronavirus in Italia quella cifra non è mai stata diffusa e, probabilmente, raccolta. Sia chiaro: nessuno bara, nessuno nasconde i dati. Però la cifra che viene comunicata dal Ministero della Salute - ieri ad esempio “più 100” - non dice quanti siano stati i ricoveri nell’area ospedaliera con i pazienti più gravi, ma indica solo il saldo. Un esempio pratico, per capire: se leggiamo “più 200 pazienti in terapia intensiva”, ma quel giorno in 100 sono stati dimessi perché guariti e altri 100 purtroppo sono deceduti, significa che sono stati ricoverati 400 nuovi malati.

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«La mancanza di questi dati è inaccettabile - racconta Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe, la fondazione che elabora statistiche sul sistema sanitario e sul coronavirus - da mesi li stiamo chiedendo, ma neppure sappiamo se esistano. Ogni giorno viene semplicemente comunicato un saldo, che ci fa comprendere la percentuale di occupazione dei posti di terapia intensiva. Certo, è utile. Ma non basta. Paradossalmente quel numero è più basso se muoiono molti pazienti. Invece, avere un dato puntuale dei flussi in entrata e in uscita, aiuterebbe a comprendere meglio l’andamento dell’epidemia». Il professor Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, conferma: «Quel numero non viene rilevato e secondo me è un errore.

Ma c’è un altro problema: non c’è omogeneità tra i dati delle diverse Regioni. Nei differenti territori si utilizzano criteri per la classificazione di un paziente in terapia intensiva o in sub intensiva, che non coincidono. Consideriamo solo chi è intubato? Chi ha la respirazione assistita con il casco come viene contato? Quali sono i criteri di ospedalizzazione? Da Regione a Regione ci sono parametri non uguali». Bene, appurato che in Italia non sappiamo quanti pazienti vengano ricoverati ogni giorno in terapia intensiva (e neppure quanti ne muoiono, perché il dato dei decessi è complessivo), si può comunque fare una stima? Sì, ma approssimativa.

Secondo alcuni specialisti (il professor Bassetti ma anche il direttore scientifico della Società italiana malattie infettive, il professor Massimo Andreoni del Policlinico Tor Vergata di Roma) sul totale dei casi positivi registrati ogni giorno, circa lo 0,5 per cento viene ricoverato in terapia intensiva. Durante la prima ondata quella percentuale era molto più alta, oggi poiché intercettiamo molti più asintomatici, si è assestata tra lo 0,3 e lo 0,5 per cento. Questo ci può fare concludere che, mediamente, il numero dei ricoveri in terapia intensiva è circa il doppio di quello che risulta dal saldo. Prendiamo come punto di riferimento il giorno della settimana scorsa in cui abbiamo registrato il dato più alto di nuovi casi positivi in Italia: il 7 novembre furono conteggiati 39.811 infetti, mentre l’incremento dei posti occupati in terapia intensiva fu fissato a quota 119, in un giorno in cui i decessi sono stati 425. Lo 0,5 per cento di 39.811 è circa 200. Siamo dunque a poco meno del doppio del dato che risulta dal saldo. In sintesi: la settimana scorsa, ufficialmente, da sabato 31 ottobre a sabato 7 novembre sono stati occupati 841 posti in più di terapia intensiva, ma i pazienti che sono realmente finiti intubati sono circa 1.400-1.500. Il problema è che sono solo stime, non confermate da rilevazioni puntuali. «Invece - conclude Cartabellotta - servirebbero dati certificati e costanti».
 


Ultimo aggiornamento: Martedì 10 Novembre 2020, 11:27
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