Sottovariante Delta, nuova mutazione contagiosa fino al 15% in più. Cos'è e perché è pericolosa

Allarme in Israele: rischio quinta ondata. In Italia individuati 9 casi

Sottovariante Delta, la nuova mutazione contagiosa fino al 15% in più. Cos'è e perché è pericolosa

di Claudia Guasco

A dare la misura della pericolosità della nuova mutazione della variante Delta è l’allarme lanciato dall’immunologo Cyrille Cohen, che dirige il laboratorio di immunoterapia dell’Università di Bar-Ilan, a Tel Aviv. Israele, avverte, potrebbe dover affrontare una quinta ondata della pandemia da coronavirus a causa della AY.4.2.

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Sottovariante Delta, la nuova mutazione

Comparsa recentemente, la variante AY.4.2 è ancora poco conosciuta ma ha caratteristiche tali da far sospettare che sia molto probabilmente più aggressiva rispetto alla Delta. Di quest’ultima è una sorta di discendente diretta ed è indicata con la sigla B.1.617.2.4.2. Al momento sono 1.860 le sequenze genetiche di questa nuova variante depositate nella banca internazionale Gisaid. Analizzandole, gli esperti del Ceinge-Biotecnologie avanzate di Napoli hanno constatato che per la maggior parte provengono dalla Gran Bretagna, il Paese che primo l’ha individuata grazie al suo massiccio programma di sequenziamento. I pochi casi restanti sono stati segnalati da una decina di Paesi, tutti europei, e fra questi c’è anche l’Italia.

 

Da noi al momento i casi segnalati nelle sequenze depositate sono nove e sono stati identificati fra settembre e ottobre. «È un possibile esempio, ma va dimostrato, di come il virus AY.4.2. provi a sfuggire ai vaccini con tutto il suo carico mutazionale», osserva il genetista Massimo Zollo, dell’Università Federico II di Napoli e coordinatore della task force Covid-19 del Ceinge. «Se l’ipotesi dovesse essere confermata, la situazione epidemiologica potrebbe peggiorare nel caso in cui dovesse restare ancora elevato il numero delle persone non vaccinate. Potrebbero essere colpite anche le persone già vaccinate con una risposta anticorpale bassa o assente».

AGGRESSIVITA’

A contraddistinguere la variante AY.4.2 sono due mutazioni, entrambe presenti nella proteina Spike che il virus utilizza per aggredire le cellule. Una mutazione, nota per essere apparsa più volte nella variante Delta, si chiama A222V, l’altra è la Y145H. «Quanto queste mutazioni nella Spike possano incidere sulla maggiore aggressività è da definire», osserva Zollo. L’ipotesi di alcuni ricercatori britannici, come Jeffrey Barrett del Wellcome Sanger Institute di Cambridge e Francois Balloux dell’University College di Londra, è la nuova variante possa essere dal 10% al 15% più aggressiva della Delta. «I dati non sono ancora sufficienti per poter trarre conclusioni», osserva Zollo.

Quello che invece è chiaro fin da adesso è che le possibili azioni per contrastare eventuali varianti in grado di sfuggire ai vaccini sono almeno due: la prima potrebbe portare a farmaci in grado di bloccare l’ingresso del virus nelle cellule; la seconda punta a generare nuovi antivirali che blocchino la replicazione del virus nelle cellule».

LE CARATTERISTICHE

La Delta originale è stata classificata da pochi mesi, nel maggio 2021, come variante preoccupante in Gran Bretagna, quando ha superato la Alfa. Poi è arrivata AY.4.2. «E’ potenzialmente un ceppo leggermente più infettivo - ha evidenziato Francois Balloux - Non è niente in confronto a quello che abbiamo visto con Alfa e Delta, che avevano qualcosa come il 50-60% in più di trasmissibilità. Ma è attualmente in fase di indagine. Ed è probabile che sia fino al 10% più trasmissibile. Direi di aspettare e vedere. Niente panico». I dati sul campo tuttavia preoccupano: negli ultimi giorni nel Regno Unito si è registrata un’impennata di nuovi contagi Covid-19, con picchi di quasi 50 mila i casi giornalieri accertati.

RICHIAMI

Ciò che insegna questo susseguirsi di mutazioni da coronavirus, dicono gli esperti, è che l’immunità di gregge è impossibile da raggiungere e l’unica arma contro la pandemia è la profilassi. «Per limitare sensibilmente ed efficacemente la circolazione del virus e i conseguenti contagi c’è solo l’immunità acquisita per contatto diretto con il coronavirus ovvero indotta dalla vaccinazione da condurre, quest’ultima, con gli eventuali richiami. E non ho parlato di immunità di gregge perché, considerando che la malattia sta di fatto diventando endemica, si controllerà certamente l’incidenza abbassandola, ma a mio avviso non si giungerà a neutralizzare definitivamente la diffusione della Covid», afferma l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud-Italia della Fondazione per la Medicina personalizzata. Il quale consiglia di superare «la limitazione concettuale delle dosi numerate (prima, seconda, terza) che, a ogni numero progressivo, non mancheranno di suscitare reazioni emotive magari anche comprensibili. E tuttavia facilmente evitabili nel momento in cui si dovesse chiaramente e univocamente affermare che, per mantenere una immunoprotezione stabile e duratura, risulta necessario un nuovo richiamo alla prima dose di induzione». In fondo, riflette Minelli, «non sarebbe una novità e potrebbe contribuire a portare la comunicazione relativa alla pandemia su standard più coerenti».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 22 Ottobre 2021, 09:21
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