Dopo la scoperta di tracce del poliovirus in un impianto di trattamento delle acque reflue di Beckton, a Londra, l’Italia si prepara a intensificare i controlli per capire se esistono casi di poliomielite dovuta a poliovirus selvaggi. La rete di sorveglianza, in realtà, esiste: è stata attivata a livello nazionale nel 1997 e monitora i campioni che potrebbero essere riconducibili a infezione da polio, attraverso l’isolamento e l’identificazione del virus.
«Certamente, negli ultimi anni si sta assistendo ad una ripresa di questa infezione che si pensava scomparsa - spiega Mauro Pistello, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all’Università di Pisa e componente del “gruppo di lavoro polio” del ministero della Salute - In realtà, in molti Paesi in via di sviluppo si registra una ricomparsa del virus polio. Oltretutto, qualche anno fa si è osservata la presenza del virus anche in Israele, in Ucraina, e in tutte le regioni dove per disordini pubblici si fanno meno controlli».
In Italia la situazione è in chiaroscuro. Il sistema è ben rodato, ma a causa della pandemia è stato quasi inevitabile un certo rallentamento. «Noi abbiamo tutti i mezzi per il monitoraggio delle acque - prosegue Pistello - vengono segnalati tutti i casi che potrebbero essere riconducibili a una infezione da polio. Certamente, dopo la scoperta del virus in Gran Bretagna si dovrà avere una maggiore attenzione da parte delle Regioni e dei distretti preposti al monitoraggio».
La trasmissione del virus che causa la poliomielite avviene per via oro-fecale, per esempio mangiando prodotti contaminati o bevendo acqua impura. I sintomi iniziali della malattia sono per lo più febbre, stanchezza, vomito, irrigidimento del collo e dolori agli arti. Come spiega l’Istituto Superiore di Sanità, «una minima parte delle infezioni, circa una su duecento secondo i dati dell’Oms, porta a una paralisi irreversibile, mentre il 5-10% dei malati muore a causa della paralisi dei muscoli dell’apparato respiratorio. La paralisi è la manifestazione più evidente della malattia, ma solo l’1% dei malati presenta questo sintomo».
La diagnosi non è sempre certa, visto che la paralisi flaccida acuta (Afp) generata dal poliovirus è simile nei sintomi e nelle manifestazioni ad altre malattie come la sindrome di Guillain-Barré, la mielite trasversa, la poliradicoloneurite, la neurite traumatica e quella neoplastica.
«Per evitare il rischio di introduzione anche accidentale del polio, la ricerca su questo virus è bandita da qualche anno. Anche i produttori dei vaccini antipolio, a livello mondiale, sono pochissimi». Stando agli ultimi dati, la copertura vaccinale antipolio in Italia si attesta intorno al 95 per cento. Durante la pandemia, però, si è registrato un calo. I dati della profilassi, al 31 dicembre del 2020, pubblicati dall'Anagrafe vaccinale indicano che la copertura nazionale antipolio a 24 mesi (su bambini nati nel 2018) si attesta al 94,02%, quasi un punto percentuale in meno rispetto al 2019. Le Regioni che superano il 95% sono passate da 14 (nel 2019) a 9 (2020).
Intanto, i pediatri sono stati allertati. Per incrementare i percorsi vaccinali, l’azienda farmaceutica Pfizer ha anche messo a disposizione nel Lazio 100mila euro. Eppure, solo il 50 per cento delle Asl ha risposto alla donazione. «Sicuramente - osserva Pistello - anche in conseguenza delle restrizioni dovute alla pandemia, c’è stata una minore attenzione per la profilassi, e questa situazione ha avuto riflessi su tutte le vaccinazioni. Non dimentichiamo che il vaccino inattivato antipolio è combinato con altri vaccini obbligatori a tre mesi. Sappiamo che alcune Regioni, come per esempio il Trentino, sono molto più refrattari alle vaccinazioni, anche per il morbillo. Il fatto che ci sia ancora un 5 per cento di non vaccinati preoccupa moltissimo, vuol dire che si è a rischio di infezione da parte di 7-8 patogeni diversi. È un scelta folle».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 23 Giugno 2022, 14:34
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