Omicron, cosa succede dopo uno starnuto o un colpo di tosse: le distanze anti-contagio e l'effetto goccioline infette

Quando si parla senza mascherina, che sia chirurgica o FFP2, infatti, le goccioline possono raggiungere oltre 1 metro, che salgono a 3 metri per un colpo di tosse, mentre starnutendo potrebbero colpire anche una persona a 7 metri di distanza

Cosa succede dopo starnuto o colpo di tosse: le distanze anti-contagio

di Paolo Travisi

Possono raggiungere i 7 metri di distanza le goccioline infette dopo uno starnuto senza mascherina. È stato pubblicato sul «Journal of the Royal Society Interface», uno studio internazionale a cui hanno partecipato anche le università italiane di Padova ed Udine (nelle persone del prof. Francesco Picano del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova, insieme a Alfredo Soldati, al dott. Alessio Roccon della Technische Universität Wien e il prof. Gaetano Sardina della svedese Chalmers University of Technology). La ricerca ha preso in esame anche altri parametri oltre alla distanza interpersonale, che possano giocare un ruolo fondamentale nella diffusione del contagio da Covid-19.

Positivi Covid per quanti giorni possono contagiare? La differenza Omicron-Delta e la carica virale

Le distanze standard e cosa succede dopo uno starnuto 

Infatti, anche la temperatura ambientale, l'umidità ed il tipo di evento respiratorio dovrebbero essere considerati nel definire le distanze standard entro cui c'è il rischio del contagio. Quando si parla senza mascherina, che sia chirurgica o FFP2, infatti, le goccioline possono raggiungere oltre 1 metro, che salgono a 3 metri per un colpo di tosse, mentre starnutendo potrebbero colpire anche una persona a 7 metri di distanza. Il dato da sottolineare, però, è che indossando mascherine chirurgiche o FFP2, il rischio si abbassa considerevolmente, diventando trascurabile sia che si parli, si tossisca o starnutisca, anche a distanza di 1 metro indipendentemente dalle condizioni ambientali.

Le strategie per combattere il Covid, oltre al fondamentale utilizzo del vaccino, si basano sul lockdown, distanziamento interpersonale, sanificazione di superfici e mani o areazione degli ambienti, conoscenze che la scienza ha maturato nei decenni passati, dopo la pandemia di influenza spagnola del 1918, a partire dal 1934 quando la ricerca dell’americano William Firth Wells, ha gettato le basi per lo studio della trasmissione aerea dei virus e del distanziamento sociale.

Le goccioline contagiose

Secondo Wells, l’emissione di goccioline salivari avviene tramite la formazione di uno spray di goccioline spinto dall’aria espirata: le gocce nel loro moto evaporano, si depositano o restano sospese.

Quelle più grandi e pesanti cadono prima di evaporare mostrando un moto balistico (droplet), mentre le più piccole evaporano prima di cadere e tendono ad essere trasportate dal fluido (airborne). Dal punto di vista pratico, la distanza di 1,8 metri è quella in cui le goccioline più grandi arrivano prima di cadere su terreno, mentre quelle più piccole, una volta evaporate, diventano minuscoli residui di materiale non-volatile capaci di rimanere sospesi nell’aria ed essere infettivi a lungo in ambienti chiusi non ventilati.

 

La ricerca a cui ha partecipato l'università di Padova, dunque, mette in luce che non esiste una distanza di sicurezza universale e fornisce alcuni esempi di distanze senza mascherina. Considerando un colpo di tosse con media carica virale, si può avere un alto rischio di contagio entro i 2 metri, in condizioni di umidità relativa media, che invece diventano 3 con alta umidità relativa. «Le regole del distanziamento interpersonale usualmente utilizzate si basano principalmente sullo studio proposto da Wells nel 1934. Nel nostro lavoro - dice Francesco Picano - abbiamo revisionato tale teoria utilizzando le più recenti conoscenze sugli spray respiratori arrivando a definire un nuovo modello per quantificare il rischio di contagio respiratorio diretto. L’applicazione del modello fornisce una valutazione sistematica degli effetti del distanziamento e delle mascherine sul rischio d’infezione. I risultati indicano che il rischio è fortemente influenzato dalle condizioni ambientali come l’umidità, dalla carica virale e dal tipo di attività respiratoria, suggerendo l'inesistenza di una distanza di sicurezza universale».


Ultimo aggiornamento: Sabato 15 Gennaio 2022, 19:44
© RIPRODUZIONE RISERVATA