Positivi Covid per quanti giorni possono contagiare? La differenza Omicron-Delta e la carica virale

«Positivi contagiosi anche dopo dieci giorni». Il nuovo studio sul virus

di Graziella Melina

Mentre le autorità sanitarie si affannano a trovare la quadra per non bloccare il Paese isolando e mettendo in quarantena tutti i soggetti che risultano positivi, un nuovo studio che arriva dal Regno Unito conferma la imprevedibilità del virus nel diffondersi se lasciato a briglia sciolta. Secondo i ricercatori dell’Università di Exeter, infatti, alcuni soggetti positivi possono essere infettivi anche dopo 10 giorni. Il numero dei casi preso in esame nello studio in realtà non è elevato, ma la conferma dei ricercatori è comunque un segnale da non sottovalutare: su 176 soggetti contagiati, il 13 per cento era potenzialmente infettivo anche dopo 10 giorni. A fare la differenza, come sanno bene ormai i virologi, è ovviamente la carica virale presente e quindi la capacità del virus di replicare e infettare se non trova alcuna barriera, a cominciare dalle mascherine.

Omicron, dopo quanti giorni c'è il picco di carica virale? I sintomi e l'incubazione (più breve delle altre varianti)

La questione della carica virale

«Si tratta di uno studio interessante - sottolinea Roberto Cauda, direttore di Malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma - anche se dobbiamo precisare che il campione citato dagli studiosi si riferisce al 2020, quando circolava un virus molto diverso rispetto a quello di adesso. Evidentemente, è una valutazione fatta in assenza di persone vaccinate. Ricordiamo, poi, che la variante Omicron ha un’incubazione molto più breve, cioè di tre giorni». Ma la questione della carica virale potenzialmente infettante resta ancora oggi di primaria importanza per capire come limitare la circolazione del sars cov 2. «Fin da subito i colleghi virologi - continua Cauda - avevano posto l’accento su questo tema. Ecco perché bisogna mantenere la necessità di quantizzare i cicli replicativi, dire cioè se c’è tanto o poco virus. Lo studio inglese è insomma un ulteriore monito ad essere ancora più rigorosi nell’adottare le misure di sicurezza, visto che non sappiamo in quali soggetti può esserci una carica virale alta. Al di là delle quarantene, è dunque un ragione in più per essere molto cauti nell’evitare assembramenti. Ricordiamo di utilizzare le mascherine ffp2 laddove necessarie».

 

La quarantena

Ragionare sulla durata della quarantena senza tenere conto della contagiosità dei singoli, seppure siamo in presenza di nuove varianti, potrebbe essere dunque controproducente. «Bisogna vedere qual è la dimensione epidemiologica dell’andamento del virus - precisa Fabrizio Pregliasco, ricercatore di Igiene generale e applicata dell’Università degli Studi di Milano - Se cioè la problematica della infettività dopo 10 giorni riguarda pochi casi, si può anche rischiare.

Dobbiamo tenere presente, infatti, che c’è sempre una variabilità del dato statistico, non si tratta di un parametro che ha un valore secco. Quindi, bisogna vedere qual è la proporzione e la probabilità di questi casi. Ripeto, è un rischio che conosciamo, ma che corriamo nella pratica».

Gli esperti, insomma, provano a trovare un punto di equilibrio, nonostante l’imprevedibilità del virus. «Che si possa essere infettivi per molto tempo noi lo sapevamo fin dall’inizio e poi lo vedevano con i test ripetuti - ricorda Carlo Signorelli, ordinario di Igiene dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano - Abbiamo una piccola quota di soggetti che non si negativizza per parecchie settimane. Questo fenomeno accadeva nei non vaccinati, quindi prima della profilassi sulla popolazione a livello globale. Tanto è vero che lo sconto che si propone, come per esempio abbiamo fatto ieri in Lombardia, è quello di uscire a 10 giorni senza test; ma questo sconto è limitato ai vaccinati, i quali avrebbero una probabilità minore di infettare a lungo termine”. Il dilemma per le autorità sanitarie non è facile da risolvere. Far chiudere in casa tutti i positivi significa in sostanza fermare o rallentare gran parte delle attività. «Noi dobbiamo essere consci che in questo momento abbiamo 2 milioni di infetti bloccati - mette in guardia Signorelli - I servizi essenziali sono in crisi. Dobbiamo trovare il modo per poter prenderci qualche piccolo rischio, e riportare al più presto e senza troppi vincoli queste persone in comunità. Ma dobbiamo farlo con grande prudenza».


Ultimo aggiornamento: Domenica 16 Gennaio 2022, 01:07
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