Omicron, i guariti da Delta possono contagiarsi con la nuova variante? I rischi di una nuova infezione

Video

di Graziella Melina

Chi si ammala di Covid e poi guarisce è bene che non abbassi la guardia. Non solo il rischio di reinfettarsi, infatti, è sempre dietro l’angolo. Ma come se non bastasse, Omicron e Delta sono di fatto due virus diversi e quindi le immunità acquisite dopo la guarigione non sono sovrapponibili. «Non abbiamo certezza che una precedente infezione con Delta protegga da Omicron. Non abbiamo dati sufficienti per poterlo affermare - chiarisce Francesco Menichetti, ordinario di malattie infettive dell’università di Pisa, direttore di Malattie infettive dell’Azienda ospedaliera universitaria pisana e presidente di Gisa (gruppo italiano Stewardship antimicrobica) - Sappiamo, invece, che con i vaccini anche a ciclo completo dopo tre dosi abbiamo una protezione parziale, soprattutto dal contagio. Sappiamo, inoltre, che ci si può reinfettare, perché le infezioni di Delta capitano a vaccinati e anche a precedentemente infetti con Delta, Alfa o con il virus di Wuhan. Ricordiamo, dunque, che questi virus, nel caso di infezione, danno una immunità che è relativa e di breve durata».

La guarigione non garantisce l'immunità

L’idea che ci si debba sentire al sicuro da un nuovo contagio perché ci si è già ammalati è quindi priva di fondamento. «L’immunità nei confronti di Omicron - ribadisce Menichetti - è diversa e non è protettiva nei confronti di altri coronavirus maggiormente patogeni, più in grado di aggredire le basse vie respiratorie. Viceversa, abbiamo visto che chi è stato infettato in precedenza può infettarsi anche con la Omicron. In ogni caso, non sono sovrapponibili. Del resto, Omicron ha 32 mutazioni, presenta dunque un cambiamento molto significativo sia come patogenicità ma anche come risposta immune».

Omicron un virus diverso da Delta

Inutile sperare di poter incappare in una variante meno pericolosa. «Ancora si ritiene che la gran parte dei ricoverati con Covid grave in terapia intensiva siano da infezione di Delta. Ma non abbiamo assoluta certezza - precisa l’infettivologo - Nessuno, infatti, ci dice quanti dei ricoverati giornalieri in degenza in terapia intensiva siano stati infettati con Delta o con Omicron. Abbiamo comunque la sensazione che Delta continui a rifornire i reparti, mentre Omicron rifornisca isolamento domiciliare. Ma, ripeto, non avendo un sistema di sorveglianza sistematico all’inglese, noi facciamo delle supposizioni. In linea di massima, Omicron è un virus sostanzialmente diverso dalla Delta, e probabilmente meno patogeno, a meno che non incontri soggetti particolarmente fragili o suscettibili».

 

La doppia infezione Omicron-Delta

Se ci si mette di mezzo la casualità, non si può poi escludere che ci si infetti addirittura con entrambi. «È probabile che accada - precisa Menichetti - in linea teorica la coinfezione potrebbe essere possibile, ma è più probabile tra influenza e Covid».

Attenzione, dunque, alle misure di precauzione, che vanno sempre rispettate anche dopo la guarigione. «Noi siamo in una situazione in cui circolava Delta e adesso prepotentemente arriva Omicron. Lo scenario più probabile - spiega l’infettivologo dell’Università di Pisa - è che da Delta si passi a Omicron e che quindi un soggetto che ha avuto Delta sia esposto alla nuova variante. Difficile, invece, che chi adesso si è contagiato con Omicron, che è l’ultima variante che sta circolando, si ammali poi con la Delta. La progressione di Omicron dovrebbe infatti esaurire rapidamente il serbatoio Delta».

L'importanza della terza dose

Ma la successione temporale delle infezioni con le due varianti non incide sullo sviluppo della malattia. «Noi sappiamo che in generale Omicron dà forme più lievi - rimarca Menichetti - ma non sappiamo se è dovuto al fatto che prima il soggetto ha avuto la Delta, oppure perché è essa stessa meno aggressiva. Non bisogna, dunque, considerare Omicron sic et simpliciter un virus benigno. Ricordiamo che se dobbiamo contrarre Omicron è meglio che accada con la protezione vaccinale completa con le tre dosi, perché saremmo comunque più protetti dal contagio ed eventualmente dalle forme complicate e gravi».

Immunità di gregge

I comportamenti di mitigazione della diffusione dell’infezione rimangono quindi fondamentali. «Abbiamo ancora troppi non vaccinati - mette in guardia Menichetti - ma abbiamo anche vaccini che non proteggono dal contagio in modo assoluto. Credo quindi che sia molto pericoloso sentirsi al sicuro per un’eventuale immunità di gregge. Ricordiamo che i più esposti sono i non vaccinati, poi quelli con una dose singola, quindi quelli con due e infine con le tre dosi, che danno il più alto livello di protezione, oltre l’80 per cento, prevalentemente nei confronti della malattia grave che richieda ospedalizzazione. La prevenzione del contagio rimane invece imperfetta».


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 Gennaio 2022, 18:38
© RIPRODUZIONE RISERVATA