Che il virus ora in circolazione sia molto trasmissibile, è evidente dal continuo aumento dei contagi. A far discutere è invece la patogenicità, ossia la capacità delle varianti omicron 4 e 5 di causare la malattia più o meno grave. Se è vero infatti che la maggior parte delle persone che si infettano riescono a gestire i sintomi a casa, preoccupa invece il tasso di occupazione delle terapie intensive che secondo i dati del ministero della Salute ormai è salito al 2,6 per cento; a dimostrazione del fatto che anche le varianti omicron 4 e 5 possono essere pericolose. A fare la differenza, ormai, è la reazione dell’individuo che si infetta, e quindi la capacità di difendersi grazie alla protezione del vaccino.
QUALI SONO I SINTOMI DI OMICRON?
«Nei soggetti che non hanno malattie pregresse - precisa Claudio Mastroianni, direttore di malattie infettive del Policlinico Umberto I di Roma e presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali - il virus colpisce per lo più le alte vie respiratorie, si manifesta con febbre elevata, mal di gola, diarrea e un senso di spossatezza marcato. Nei pazienti immunocompromessi, invece, osserviamo ancora polmoniti». La perdita di gusto e olfatto e l’interessamento alle basse vie respiratorie sono meno frequenti. Ma la sintomatologia dipende, come sempre, dai singoli soggetti.«La differenza più sostanziale - precisa Mauro Pistello, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all’Università di Pisa e vicepresidente della Società italiana di Microbiologia - si osserva soprattutto nel periodo di incubazione che intercorre tra contagio e comparsa dei sintomi. Mentre prima era di circa due settimane, e a volte anche più, ora si arriva al massimo a due-tre giorni». Omicron, infatti, essendo molto trasmissibile, replica più rapidamente nelle alte vie respiratorie.
I RICOVERATI HANNO CARATTERISTICHE DIVERSE RISPETTO A PRIMA?
«Oltre a non vaccinati, e in giro in Italia ce ne sono ancora 7milioni - ricorda Mastroianni - prevalentemente sono ricoverate le persone fragili, quindi gli anziani che hanno varie comorbidità, bronchitici cronici, diabetici, persone con disabilità.
È POSSIBILE CHE LA POSITIVITÀ SIA RITARDATA RISPETTO AI SINTOMI?
Se il tampone risulta negativo, nonostante siano già comparsi i sintomi, dipende per lo più dal tipo di esame anticovid. «I risultati sono legati alla sensibilità dei test e da quanto spesso vengono effettuati - precisa Pistello - Ma che in alcuni soggetti compaiano prima i sintomi e poi si renda evidente il virus non è un fatto insolito: molti dei sintomi che noi avvertiamo sono dovuti infatti alla reazione dell’ospite contro l’infezione. Ovviamente, l’individuo infetto vaccinato è molto più pronto a reagire. Nei soggetti non vaccinati, invece, il virus trova campo libero, dopodiché il sistema immunitario entra in azione, mettendo in moto alcuni meccanismi; quindi solo in questo momento compaiono i sintomi».
CAMBIA ANCHE IL LONG COVID?
I dati finora disponibili non sono sufficienti per affermarlo. «Questo virus causa comunque una malattia sistemica, si ha un quadro infiammatorio abbastanza importante - chiarisce Mastroianni - Non ci sono differenze tali che ci permettano di sostenere che il long covid sia diverso da quello di un anno fa».
Ultimo aggiornamento: Sabato 2 Luglio 2022, 17:34
© RIPRODUZIONE RISERVATA