Natale, Miozzo (Cts): «Numero chiuso in Centro. Stop alla calca da shopping»

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di Mauro Evangelisti

«Mi chiedo: perché se in via del Corso a Roma o nelle strade dello shopping di altre città ci sono troppe persone, non si interviene e non si impone il numero chiuso? Mi pare difficile spiegare che è necessario limitare gli spostamenti tra Regioni se si accetta che, per gli acquisti di Natale, ci siano assembramenti per strada o nei centri commerciali».


Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico, è preoccupato: i risultati promettenti, sia pure lenti, raggiunti sul fronte del rallentamento dei contagi, rischiano di essere frantumati da un addio alla prudenza durante le festività natalizie. Un film già visto quest’estate. E per lui, sostenitore della riapertura delle scuole, vedere che le lezioni sono sospese mentre la folla si accalca all’inaugurazione di un negozio di abbigliamento, è molto doloroso.


Cosa la preoccupa maggiormente in questa fase?
«Quello che mi preoccupa di più è il mancato rispetto delle regole. Se vedi la fotografia della folla in un grande magazzino romano, ti viene da chiedere: di cosa stiamo parlando? Se questa è la dimostrazione, l’immagine, del poco rispetto delle regole di prevenzione della trasmissione del coronavirus, allora ti preoccupi. Non parlo solo di Roma, ma di tutte le città in cui ci sono episodi simili». 


Succede lo stesso anche sulle strade dei negozi e non solo a Roma. La corsa allo shopping rischia di replicare le code per gli skilift a inizio epidemia o la follia delle discoteche aperte quest’estate?
«Sì. O si trovano dei meccanismi regolatori, oppure al Cts possiamo dire ciò che vogliamo, ma possiamo fare poco. Noi diciamo: cari italiani, guardate che comunque siamo a 20-25 mila casi al giorno, anche a più di 800 morti ogni 24 ore. L’Rt (l’indice di trasmissione del virus), anche se è sceso a 1,08, è comunque alto, sopra a 1, insidioso quando si parte da una base di 25mila casi giornalieri. La matematica non è una opinione.

Sa cosa succederà? Con gli ospedali affollati di pazienti Covid, si morirà di infarto perché le ambulanze sono bloccate, se hai un trauma cranico non troverai posto in terapia intensiva. Le regole ci sono: se via del Corso è piena, se una strada di un’altra città è troppo affollata, chiudiamo, numero chiuso».


Sono sufficienti le regoli attuali?
«Sono sufficienti, ma non vengono applicate. Questa estate le regole c’erano, ma se poi vengono piegate, noi del Cts possiamo fare ben poco. E diventa quasi ridicolo ribadire la corretta raccomandazione di non organizzare grandi cene tra congiunti, se poi per lo shopping hai la bolgia».


Voi siete d’accordo sulla limitazione che deciderà il governo agli spostamenti tra regioni, anche tra quelle con il livello di rischio “giallo”?
«Sì, devo dire che nel Cts siamo tutti d’accordo. Siamo preoccupati dai grandi spostamenti, la fine dell’anno tradizionalmente ha una marcata mobilità. I grandi numeri facilitano la trasmissione del virus. Non può essere un Natale tradizionale, purtroppo».


Si dice: facciamo comunque il tampone prima di andare dai parenti.
«Certo, va fatto, assolutamente. Però bisogna essere consapevoli che il test non ti garantisce che non sei negativo. Il virus potrebbe essere in incubazione o semplicemente potresti essere contagiato nelle ore successive. Dunque: fate i tamponi rapidi, perché così si riducono le possibilità di essere positivo, però continuate a essere molto prudenti anche a casa di un familiare. Mantenete distanze e mascherine, perché comunque non avrete la certezza di non essere positivi».


Saranno vietati gli spostamenti tra regioni, ma sono probabili eccezioni per chi va a trovare un familiare stretto. Si tratta di una scelta accettabile?
«Lo accettiamo, altrimenti avresti la rivoluzione. Se ascolti un epidemiologo, ti dice che è sbagliato. Ma è giusto trovare un punto di equilibrio, pensando anche ai più anziani. Per questo si dice: quanto meno, fatevi il test prima. Poi, per una famiglia, può essere una spesa non indolore. Anche se sono soldi spesi bene. Basta che sia chiaro, lo ripeto per l’ennesima volta, che riduci le probabilità di contagio, ma non le elimini. Il rischio della percezione dell’invulnerabilità, dopo il tampone negativo, esiste. Inoltre, ribadiamolo: se proprio non se ne può fare a meno, cene e pranzi devono avvenire con poche persone, meglio se non più di 6. Io sono molto fiducioso sul fatto che l’Italia avrà un piano di vaccinazioni anti Covid efficace all’inizio del 2021, vediamo di non sbagliare proprio ora».
 


Ultimo aggiornamento: Lunedì 30 Novembre 2020, 11:52
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