Spostamenti tra regioni, Ranieri Guerra (Oms): «Mini-chiusure fino ad aprile, ecco il piano»

Video

di Mauro Evangelisti

«I numeri ci dicono che c’è una decelerazione delle curve, ma non una diminuzione dei casi. Diciamo che i numeri aumentano con meno velocità. Importante, ma non sufficiente. Dovremo abituarci a chiusure flessibili, adattati all’andamento dell’epidemia. Quindi su determinati territori e per periodi temporali circoscritti. In questo senso, il sistema dei 21 parametri è ottimo, perché si adatta all’andamento dell’epidemia».

Il professor Ranieri Guerra è il vicedirettore vicario dell’Organizzazione mondiale della sanità. Di fronte alla stabilizzazione dell’incremento dei nuovi casi positivi e a una frenata dei ricoveri, invita a mantenere nervi saldi e razionalità. Perché il cammino verso la fine della fase più dolorosa della pandemia non è terminato.

Covid, Speranza: «Vaccino non sarà obbligatorio. A Natale spostamenti solo se tutte regioni gialle»

Covid, Cts: «Controlli e multe per lo shopping di Natale, rischio terza ondata»

Quando potremo cominciare a parlare di diminuzione dei nuovi casi? Ci deve rassicurare il fatto che i nuovi posti letto occupati siano sempre meno? Dieci giorni fa oscillavano tra 150 e 200 ogni 24 ore solo in terapia intensiva, in questo fine settimana invece sono stati molti meno (43 ieri, 10 sabato e 36 venerdì). 
«Prima di arrivare a una vera flessione dei nuovi casi positivi servirà ancora qualche giorno. Sui ricoveri il risultato è promettente. Però c’è anche una diminuzione di quelli che possiamo definire “ricoveri sociali”, c’è maggiore attenzione su chi ricoverare e maggiore attenzione della medicina territoriale nel diagnosticare e seguire chi è malato, curandolo a casa. La gravità di solito si vede al primo impatto, poi si attenua. Lo sviluppo a cui stiamo assistendo era atteso, così come quello, purtroppo, del numero dei decessi che sarà alto ancora per un po’ di giorni».

È una semplificazione che voi scienziati non amate, ma pensa che il picco lo vedremo presto?
«Sicuramente, perché avremo anche gli effetti dell’ultimo Dpcm, con le misure più stringenti e mini lockdown in alcune regioni».

C’è un dato incoraggiante: anche negli altri paesi europei come Francia, Spagna e Regno Unito, dove a settembre e ottobre il virus correva più che in Italia, con le misure di contenimento hanno ridotto l’impatto. L’epidemia non è invincibile.
«Questo ormai è acquisito. Le misure di contenimento che evitano gli assembramenti funzionano. Mi viene da aggiungere: purtroppo. Se ognuno di noi avesse una disciplina personale nel rispetto delle precauzioni come mascherine, distanziamento e igiene delle mani, non ci sarebbe neppure bisogno dei divieti».

In attesa dell’effetto dei vaccini che non potrà esserci, anche nella migliore delle ipotesi, prima della primavera, dobbiamo aspettarci chiusure “a soffietto”, decise per brevi periodi e territori limitati, ogni qual volta l’epidemia riparte?
«Ancora una volta: il sistema del monitoraggio dei 21 indicatori messi in campo funziona bene, è robusto, viene alimentato sempre meglio delle Regioni.

In base a quello ci sono chiusure a fasi e a settori geografici. Quello che conta in questo momento è non dire: “chiudiamo tutto”. Non sarebbe giustificato e neppure sostenibile, tutte le misure vanno adattate territorialmente e per il periodo di tempo necessario. Avere questo sistema, magari arricchirlo invece di impoverirlo, ci aiuta ad andare avanti e a decidere in base a ciò che l’evidenza dei numeri fornisce. Sia quando chiudi sia quando riapri. Fino alla primavera, il modello “o tutti liberi o tutti chiusi” non ha più senso».

Nella fase più recente dell’epidemia le grandi metropoli hanno una incidenza minore di quella delle province.
«Le grandi aree urbane sono soggette a vincoli e controlli più stretti delle aree circostanti, dove la circolazione di mezzi e persone è meno monitorata. Dovremmo anche capire quanto conti il pendolarismo».

Perché nei paesi asiatici (Sud-est asiatico ed estremo Oriente), non solo in Cina, il virus circola molto meno che in Italia? Nazioni come Corea del Sud, Taiwan, Vietnam, Thailandia o Singapore cosa hanno fatto meglio dell’Europa?
«Prima di tutto: il virus continua a circolare anche là, sia pure in misura molto minore. Sicuramente in quei paesi c’è un rispetto immediato della popolazione alle norme indicate dai governi, l’uso della mascherina era un’abitudine già prima della pandemia, hanno anche una socialità molto differente da quella europea. E fanno meglio il tracciamento perché, al contrario dell’Europa, non hanno un rispetto ossessivo della privacy anche in un periodo di emergenza. Giusto o sbagliato, in Europa è differente».

Che Natale si aspetta?
«In famiglia, sobrio e tranquillo. Spero che sia ormai compreso da tutti che bisogna proteggere i familiari più anziani».
 

Covid Italia, bollettino oggi 22 novembre: nuovi contagi (28.337) e morti (562) in calo, rapporto tamponi-positivi al 15%

Sono 28.337 i nuovi casi di Covid individuati in Italia nelle ultime 24ore, oltre 6mila meno di ieri, che portano il totale dei contagiati dall'inizio dell'emergenza a 1.408.868. In calo anche l'incremento delle vittime, 562 in un giorno mentre ieri erano state 692, per un totale di 49.823.


 
Video

Ultimo aggiornamento: Lunedì 23 Novembre 2020, 11:45
© RIPRODUZIONE RISERVATA