Covid, l’allarme dei medici: «Tra due settimane ospedali al collasso»

Covid, l’allarme lanciato dai medici: «Tra 15 giorni ospedali al collasso»

di Mauro Evangelisti

«I numeri sono quelli. C’è sì un rallentamento dei ricoveri, ma non è tale da evitare che il sistema sanitario vada fuori controllo. In due settimane, con questo ritmo di crescita, negli ospedali, in molte regioni, ci saranno notevoli problemi. Già oggi non è possibile assistere i pazienti di altre patologie come si dovrebbe, perché l’attenzione è tutta concentrata sul Covid», dice il dottor Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo). Ovunque partono segnalazioni di ospedali sotto assedio, malgrado l’attivazione di nuovi posti letto.

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A Roma le ambulanze restano a lungo bloccate davanti ai pronto soccorso con i pazienti a bordo, in attesa che si liberi un posto; in Lombardia va perfino peggio, come racconta Antonio Pesenti, direttore del dipartimento di Uoc Anestesia-Rianimazione del Policlinico di Milano e coordinatore delle terapie intensive nell’Unità di crisi della Regione Lombardia: «Non abbiamo più posti liberi per i malati Covid e tutti i giorni dobbiamo inventarli. Alle 17 del pomeriggio, sono rimasti due soli letti, ma probabilmente anche questi saranno occupati se non lo sono già. I malati li mettiamo nelle sale di risveglio delle sale operatorie finché qualcuno non allestisce un posto in più. Ecco qual è la situazione in tempo reale e va così da giorni». La Protezione civile, la Croce rossa e l’Esercito stanno allestendo ospedali da campo in molte città: in Calabria, in Piemonte, in Umbria, in Abruzzo, in Valle d’Aosta.

Ma cosa dicono i numeri? Se è vero che l’incremento dei nuovi casi positivi ha rallentato, è altrettanto evidente che restiamo con una media giornaliera attorno ai 30.000. Di questi, il 5 per cento finisce in ospedale. Anche sottraendo le dimissioni, comunque in media ogni giorno si occupano altri 800 posti letto (comprese le terapie intensive) negli ospedali a causa del Covid. Nessun sistema sanitario può reggere a questi ritmi. Non sono diminuiti i nuovi ricoveri? Sì, sono diminuiti, ma non abbastanza. Prendiamo i numeri più nel dettaglio, tenendone due ben fermi sullo sfondo: oggi ci sono 3.492 malati Covid-19 in terapia intensiva e 32.536 in area medica.

Nell’ultima settimana l’incremento medio giornaliero è stato di 91,8 posti occupati in terapia intensiva e 700 nei reparti di area medica. Nella settimana precedente i dati erano più alti, la media giornaliera era stata di 118 nuovi posti occupati in terapia intensiva e 1.113 nei reparti di area medica.

Dunque, è vero che c’è un rallentamento, ma non è così sostenuto da mettere in sicurezza il sistema. Anzi. Altri numeri. Facciamo una proiezione sui prossimi 14 giorni, dunque fino alla fine del mese. Se l’incremento dei posti occupati in ospedale da pazienti Covid-19 resterà costante, ci troveremo con 4.780 letti occupati in terapia intensiva da pazienti Covid-19, dunque circa il 20 per cento in più del picco storico che ci fu in Italia il 3 aprile. Si dirà: da allora i posti sono stati aumentati. Vero. 

Il commissario Domenico Arcuri ha detto: «Abbiamo 10mila posti, li abbiamo raddoppiati, e arriveremo a 11.300 nel prossimo mese, a fronte di 3.400 ricoverati in terapia intensiva». Ma va ricordato che in terapia intensiva non finiscono solo pazienti Covid. E Carlo Palermo, segretario del sindacato medici Anaao Assomed, dice: «Circa il 60 per cento di questi letti è occupato da pazienti con malattie gravissime come ictus, infarti, politraumi, stati di shock, sepsi e insufficienze multiorgano, che ovviamente non possono essere collocati in altri setting assistenziali. Quando si indicano oltre 11 mila i posti totali di terapia intensiva si deve specificare che circa 3.500 sono solo sulla carta, attivabili in condizioni critiche e non immediatamente. Senza contare che, in ogni caso, non sarebbe disponibile il personale medico e infermieristico». 

Non va meglio su un altro fronte: i ricoveri in area medica (pazienti meno gravi ma che comunque devono restare in condizioni di isolamento): abbiamo già superato il picco del 4 aprile (29.010) ma se non c’è una decisa frenata anche nei ricoveri, tra due settimane avremo 42.336 pazienti Covid negli ospedali italiani, circa il 45 per cento in più dei giorni più bui della prima ondata. Infine, c’è un altro elemento da non sottovalutare: medici e infermieri cominciano a mancare perché molti sono stati contagiati o sono contatti stretti di persone infette (e dunque devono restare in isolamento). Dal primo settembre il numero di medici e infermieri positivi è aumentato di 23.000 unità. Nei reparti ci sono sempre più pazienti, sempre meno operatori.
 


Ultimo aggiornamento: Martedì 17 Novembre 2020, 12:24
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