Il Covid si cura con l'idrossiclorichina? Il giudice: «Dati positivi dai medici, vanno approfonditi»

Il Covid si cura con l'idrossiclorichina? Il giudice: «Dati positivi dai medici, vanno approfonditi»

di Claudia Guasco

La battaglia giudiziaria sull’utilizzo dell’idrossiclorichina nella cura del coronavirus è a una svolta. Il presidente della terza sezione del Consiglio di Stato Franco Frattini ha fissato per il prossimo 10 dicembre la camera di consiglio per la discussione collegiale dell’istanza cautelare presentata da decine di medici di base e specialisti contro la decisione dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e del ministero della Salute di sospendere la somministrazione per il trattamento del Covid-19 al di fuori di studi clinici. «Ai medici che già durante la prima ondata hanno trattato con successo i pazienti utilizzando vari protocolli farmacologici, arrivano continuamente richieste da parte di persone che hanno acquistato i farmaci autonomamente prima del divieto. Senza un protocollo chiaro e certificato, rischiano imprudenti automedicazioni», afferma l’avvocato Erich Grimaldi, che con la collega Valentina Piraino rappresenta i medici di medicina generale e gli specialisti.

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CIRCOSTANZE NUOVE

Il presidente Frattini - come si legge nel decreto motivato - pur rigettando il decreto cautelare monocratico ha ritenuto che i medici abbiano presentato argomenti validi su cui il collegio e il Tar del Lazio dovranno «condurre ulteriore approfondimento». Il presidente della terza sezione del Consiglio di Stato, in particolare, fa riferimento a «sopraggiunte circostanze nuove» tra la prima decisione dell’Aifa del 26 maggio scorso e quella del 22 luglio, poiché «gli appellanti fanno valere, oltre a depositare documentazione scientifica i merito, dati ed elementi positivi tratti “sul campo” dalla loro pratica medica sui pazienti Covid prima della sospensione deliberata dall’Aifa nel maggio 2020». Proprio l’assistenza sul campo ai pazienti di coronavius che, affermano i medici, nella pandemia costituisce l’espressione più alta e rischiosa del dovere del medico di ricercare il farmaco da lui ritenuto “in scienza e coscienza” più idonea a contribuire alla guarigione, «deve essere tenuta in adeguata considerazione, giacché l’uso dei soli studi randomizzati - a cui fa riferimento l’Aifa - comporta difficoltà di trasferimento dei risultati alla pratica clinica, specialmente durante un’emergenza sanitaria».

Il Consiglio di Stato, motivando la sua decisione, precisa inoltre che «esistono risultati positivi di studi osservazionali, retrospettivi» e cita uno studio «pubblicato il 21 settembre 2020 dalla rivista “The Lancet”» che rileva «l’effetto riduttivo dell’idrossiclorichina sul tasso di mortalità da Covid e l’assenza di un aumento di tossicità cardiaca». Questi argomenti, è scritto nel decreto, devono essere considerati insieme al fatto che oggi «non esiste un farmaco per il trattamento specifico domiciliare del Covid, laddove attualmente l’affermata principale preoccupazione delle autorità sanitarie è il trasferimento dei pazienti Covid domiciliari nelle strutture sanitarie a causa dell’aggravamento della malattia, non trattata a domicilio con farmaco specifico».

DIRITTO DI CURA APPROPRIATA

Per il giudice, insomma, «occorre un approfondimento ben più articolato», considerato che «il diritto di ciascun paziente alla cura appropriata e il diritto-dovere di ciascun medico di prescrivere il farmaco più utile a contribuire alla guarigione del malato corrispondono a valori costituzionali e indefettibili nel nostro ordinamento». L’idrossiclorochina è un antimalarico della categoria dei farmaci antireumatici ed è utilizzata nella terapia, oltre che della malaria, anche dell’artrite reumatoide e del lupus eritematoso sistemico. L’Aifa ne ha sospeso l’autorizzazione all’utilizzo nella cura del coronavirus il 26 maggio scorso, registrando un aumento dell’acquisto del farmaco da parte dei privati, anche sulla scorta del costo irrisorio. «Al momento attuale tuttavia, nuove evidenze cliniche relative all’utilizzo di idrossiclorochina nei soggetti con infezione da SARS-CoV-2 (seppur derivanti da studi osservazionali o da trial clinici di qualità metodologica non elevata) indicano un aumento di rischio per reazioni avverse a fronte di benefici scarsi o assenti. Per tale ragione, in attesa di ottenere prove più solide dagli studi clinici in corso in Italia e in altri paesi (con particolare riferimento a quelli randomizzati), l’Aifa sospende l’autorizzazione all’utilizzo al di fuori degli studi clinici, sia in ambito ospedaliero che in ambito domiciliare», aveva annunciato l’Agenzia. Come ha spiegato il direttore generale Nicola Magrini: «Le posizioni sull’idrossiclorochina sono omogenee in tutto il mondo oggi. A parte acuti politici, nella comunità scientifica internazionale c’è consenso sulla sostanziale inutilità del farmaco. Su alcune posizioni politiche non mi soffermo, ma sui metodi e gli approcci appare importante sentirsi parte della comunità internazionale e l’Italia credo abbia figurato bene».


Ultimo aggiornamento: Giovedì 26 Novembre 2020, 13:17
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