«Ci sono due cinesi con la febbre». Così l'Italia un anno fa scoprì il Covid (e un portiere di hotel salvò Roma)

«Ci sono due cinesi con la febbre». Così l'Italia un anno fa scoprì il Covid (e un portiere di hotel salvò Roma)

di Mauro Evangelisti

«È un problema» dice il ministro Dario Franceschini, ministro della Cultura, anche se nella drammaticità del momento usa una espressione comprensibilmente più colorita. È la sera del 30 gennaio 2020, un anno fa, una vita fa: a Palazzo Chigi nella stessa stanza oltre a Franceschini, ci sono il ministro della Salute, Roberto Speranza, il portavoce del premier, Rocco Casalino, l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, la ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova. D’Amato è accompagnato dal direttore scientifico dello Spallanzani, il professor Giuseppe Ippolito. Poche ore prima dai laboratori dell’ospedale, un’eccellenza per le malattie infettive, è arrivata la conferma: i tamponi molecolari sono positivi al misterioso coronavirus che ha messo in ginocchio a Wuhan. Due turisti cinesi, docenti universitari sessantenni che stavano viaggiando l’Italia tra Milano, Parma, Firenze e Roma, sono infetti. I due turisti cinesi sono di Wuhan. Il coronavirus è a Roma, sono i primi due casi italiani.

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La telefonata dall'hotel

Il prologo 24 ore prima quando alla centrale del 112 è giunta una telefonata: «Qui è l’hotel Palatino, ci sono due turisti con la febbre, sono due signori cinesi» aveva, con saggia prudenza, avvertito il portiere dell’hotel non lontano dal Colosseo. «Mi raccomando, manteneteli isolati» aveva suggerito l’operatore del 112. Dopo pochi minuti, dallo Spallanzani era arrivata un’ambulanza ad alto isolamento, i passanti incuriositi avevano visto scendere medici e infermieri vestiti come astronauti, con tute e caschi. C’erano già stati falsi allarmi, nei giorni precedenti, l’ambulanza con gli astronauti era già stata vista in altri punti di Roma. In qualche pronto soccorso della Capitale qualcuno aveva appeso una mappa con la provincia di Hubei cerchiata in rosso, perché ancora si credeva che il coronavirus potesse essere portato solo da viaggiatori provenienti da quelle parti. In realtà, quello che poi si chiamerà Sars-CoV-2, da almeno due mesi stava già circolando in Italia, soprattutto in Lombardia, arrivato probabilmente passando dalla Germania. Quando l’ambulanza si era fermata davanti all’Hotel Palatino, si era sperato potesse essere l’ennesimo falso allarme. Non sarà così. Torniamo a Palazzo Chigi, dopo che D’Amato e Ippolito hanno illustrato la situazione, spiegato che a Cassino era stato fermato un pullman pieno di turisti cinesi che avevano condiviso una parte del viaggio in Italia con i due connazionali infetti, entra anche il presidente Giuseppe Conte. «Dobbiamo dire tutto agli italiani, non possiamo nascondere questa cosa» spiega.

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Stop voli dalla Cina

Alle 22 la conferenza stampa, vicino a Conte e Speranza siede anche Ippolito.

Viene deciso lo stop di tutti i voli diretti dalla Cina, a Roma a quei tempi c’era anche un collegamento Fiumicino-Wuhan con China Southern Airlines. Servirà a poco bloccare i voli, in realtà il virus era già in Italia, ma andava fatto. Si scoprirà che i due turisti cinesi, che hanno sempre indossato la mascherina, durante il viaggio in Italia non avevano contagiato nessuno, nemmeno la comitiva fermata a Cassino, nemmeno il loro autista personale. Uno dei tanti misteri del sistema di trasmissione di questo virus. In Europa, nei giorni precedenti, erano già stati segnalati diversi casi e l’Italia si era illusa di restarne fuori. Il 2020 avrebbe raccontato altro, ci avrebbe condannato a una tragedia che è già costata oltre 87.858 morti per Covid. I due turisti cinesi, dopo essere finiti in terapia intensiva, sono migliorati, hanno trascorso le giornate bevendo il the verde che il personale dello Spallanzani ha procurato loro e leggendo i messaggi, scritti su un foglio di carta appoggiato al vetro della stanza dell’isolamento, dalla figlia arrivata da Los Angeles. Un mese dopo la conferenza stampa di Conte e dieci giorni dopo il primo caso di Codogno, sarà trovato positivo un poliziotto di Pomezia. Era l’inizio di marzo, allora i giornali, pur nel rispetto della privacy, raccontavano ancora le storie dei contagiati.

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Il dramma dei numeri

Dopo poche settimane non fu più possibile, dalle storie si è passati ai numeri, al conto dei contagiati. In tutto, nel Lazio, sono già state positive 203mila persone, 4.918 sono morte, 134mila sono guarite. Oggi ci sono 61.510 paizenti in isolamento a casa, 289 in terapia intensiva, 2.438 ricoverati negli altri reparti. I due turisti cinesi sono tornati a Wuhan, hanno scritto una commovente lettera di ringraziamento e fatto una importante donazione in denaro allo Spallanzani per l’assistenza ricevuta. Se Roma, quanto meno nella prima ondata, è riuscita a limitare i danni è stato anche per l’esperienza maturata con i primi due pazienti di Wuhan. Se Roma ha evitato che l’epidemia esplodesse in ospedale, come a Codogno, è stato anche grazie alla pignoleria del portiere dell’hotel che ha chiamato il 112 segnalando che si trattava di due turisti di Wuhan e alle misure di sicurezza organizzate quando ancora si pensava che il coronavirus sarebbe stato un problema limitato alla Cina.

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Ultimo aggiornamento: Sabato 30 Gennaio 2021, 21:13
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