Covid, direttore Spallanzani: «Resistere altri 6 mesi, speranze anche dalle nuove cure»

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di Mauro Evangelisti

«Nei prossimi tre mesi inizieremo ad avere i dati sull’efficacia del vaccino che abbiamo iniziato a sperimentare. Non si tratta di arrivare prima degli altri, ciò che importa è fare bene le cose. E avere un vaccino italiano per Sars-CoV-2 è importantissimo, non dipenderemo da altri Paesi». Il professor Giuseppe Ippolito è il direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani. Le ricerche che saranno effettuate prossime 24 settimane saranno molto importanti: a novanta volontari viene iniettato il vaccino GRAd-COV-2, inventato e sviluppato dall’azienda di biotecnologia ReiThera di Castel Romano. La fase 1 è cominciata.

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Questa fase ci servirà solo a capire se il vaccino non dà effetti collaterali? Se è tossico?
«No, non solo questo. I 90 volontari sono persone rispondenti a tutti i requisiti, si lavora in massima sicurezza, sono tutti in condizioni ottimali. La fase 1 servirà a capire la risposta: se sviluppano gli anticorpi, se sviluppano due tipi di immunità, cellulare e umorale. Questa è la fase 1 e la valutazione viene fatta per otto volte nel corso delle 24 settimane necessarie. Successivamente la fase 2 riguarderà più pazienti, per arrivare infine alla 3. Nel frattempo bisogna sviluppare un modello per la produzione, cosa che già sta facendo ReiThera».

Nel mondo ci sono altri vaccini in fase di sperimentazione. Quando ce ne sarà uno disponibile?
«Prima di tutto non è importante arrivare primi, ma farlo bene. E avere un vaccino italiano sarebbe importantissimo, perché ci renderebbe autonomi. Ce lo potremmo produrre, avendo noi il brevetto, senza condizionamenti. Inoltre, potrà anche essere utile avere più di un tipo di vaccino disponibile. Detto questo, se lei insiste per farmi spendere una previsione, mi affido a ciò che ha detto negli Stati Uniti, il professor Anthony Fauci, direttore dell’Istituto malattie infettive americano: vaccini su vasta scala potrebbero essercene nel primo trimestre 2021, ma dipende da come andranno le sperimentazioni. Lasci perdere ciò che dicono Putin o la Cina. Oggi la rivista Science, giustamente, spiega quanto sia pericoloso saltare le fasi necessarie alla sperimentazione».

Quali sono i vaccini in fase maggiormente avanzata?
«È evidente che ce ne sono di più avanti del nostro, già alla fase 3. Il vaccino migliore, però, sarà quello che indurrà la migliore risposta immunitaria e più stabile. E non tutti i vaccini potrebbero avere la stessa funzione: alcuni potrebbero proteggerci dalla malattia grave, altri dall’infezione vera e propria».

Il vaccino dovrebbe essere obbligatorio?
«Aspettiamo di averlo, discuterne prima è un’inutile polemica».

Se serviranno sei o sette mesi, realisticamente, prima di avere un vaccino a disposizione, nel frattempo come resistiamo?
«Intanto, abbiamo un sistema sanitario già più preparato rispetto a prima. Inoltre, speriamo di avere presto gli anticorpi monoclonali, che sono in fase di studio, una delle opzioni possibili prima del vaccino. Sono un farmaco, un grande strumento, e su questo potremo ragionare già nei mesi a venire. Possono essere utile per trattare i malati o per fare profilassi su pazienti ad alto rischio. Sfruttiamo la grande competenza dei medici italiani, l’esperienza che hanno maturato nell’affrontare la malattia. Dobbiamo però essere tutti molto attenti, riducendo al minimo i rischi di esposizione. Vanno applicate con scrupolo le misure di contenimento. Diciamo la verità, negli ultimi tempi questa attenzione è mancata. Come dice anche il professor Alberto Mantovani, le prove scientifiche sono l’unica cosa che conta e ci dicono che il virus esiste, circola, è tra noi, non è mutato».

Lei è sempre estremamente prudente e rigoroso, ma se la sente di sbilanciarsi sulla possibilità di avere, relativamente presto un vaccino, che sia quello che si sta sperimentando allo Spallanzani, o uno degli altri sviluppati in tutto il mondo?
«Lo ripeto: noi potremmo avere tra qualche mese un vaccino, anzi potremmo avere più vaccini. Ma è necessario aspettare la sperimentazione. A oggi ci sono più tecnologie, dobbiamo vedere quale è la migliore. Ci sono 36 vaccini in fase 1, altri in fase 2 e qualcuno in fase 3. Sicuramente alcuni potranno arrivare prima, senza competizione non c’è la scienza. Sembra promettente quello americano di Moderna che è in fase 3 avanzata, ma anche quello tedesco e quello di AstraZeneca. Sulla sicurezza dei vaccini c’è un grande dibattito, ma mi ripeto: come dice anche l’articolo uscito su Science, non ci devono essere salti in avanti, tutto deve essere fatto al meglio, senza correre troppo. Ma la cosa più importante è non pensare che il virus se ne sia andato: sarebbe un errore fatale».

 


Ultimo aggiornamento: Martedì 5 Gennaio 2021, 15:58
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