Variante Delta, Pregliasco: «L'impennata dei casi è ineluttabile, ma coi ricoveri bassi nulla da temere»

Pregliasco: «Impennata casi ineluttabile, ma con ricoveri bassi nulla da temere»

di Graziella Melina

L'aumento dei casi positivi rischia di riportarci al punto di partenza. Con la prospettiva di nuove chiusure o comunque di maggiori limitazioni. Fabrizio Pregliasco, ricercatore di igiene generale e applicata dell'Università degli Studi di Milano, preferisce intanto mantenere una linea di cautela, senza troppe corse in avanti: «dobbiamo monitorarre la situazione giorno per giorno - dice - Credo però che non dovrebbe esserci nel breve periodo un problema di impegno nel servizio sanitario nazionale».

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Il trend in rialzo dei casi non fa presagire nulla di buono.
«Si tratta di un incremento ineluttabile. Stiamo osservando una progressione tutto sommato non pesantissima, potremo valutare meglio la situazione nei prossimi giorni».
Il dato che conta di più è quello dei ricoveri?
«Certo. C'è già un lieve aumento delle ospedalizzazioni e delle terapie intensive. Ma anche questo è un fatto ineluttabile. Non dimentichiamo che gli assembramenti legati agli europei hanno contribuito all'aumento dei casi, anche se non bisogna sottovalutare il fatto che la situazione è preoccupante a livello mondiale. Il dato importante che stiamo valutando è però anche quello dei vaccinati. Credo che a breve il numero delle ospedalizzazioni non dovrebbe essere impegnativo. Continuiamo a monitorare».
Quindi secondo lei è utile cambiare i parametri di valutazione del rischio delle regioni?
«Sì, bisogna basarsi sui dati dell'ospedalizzazione per evitare misure stringenti che rendano meno accettabile il piano di contenimento del virus. Ma è importante mantenere anche una buona percentuale di tamponi pro capite per regione, per riuscire a ottenere, finché sarà possibile, una certa quota di sorveglianza e tracciamento».

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Molte aziende sanitarie lamentano però la difficoltà di individuare la catena di trasmissione dei contagi perché spesso alcuni seppure positivi preferiscono non dirlo.
«Servirebbe un sistema efficiente di registrazione dei contatti. Mi pare però che dal punto di vista organizzativo si stia procedendo in questo senso. Certo, sappiamo che a volte chi per esempio ha una partita iva oppure vuole andare in vacanza vorrebbe schivare le conseguenze dell'isolamento domiciliare. Ma è un comportamento irresponsabile. Andare in giro pur avendo la consapevolezza di essere positivi significa mettere in gioco se stessi o i propri familiari e mantenere quella catena di contagio che ci creerà problemi nel tempo».
Pensa che il green pass andrebbe reso obbligatorio ovunque?
«Intanto serve graduarlo sulla base della colorazione dei territori e delle diverse situazioni epidemiologiche. Il SarsCov2 ci ha insegnato ad essere molto flessibili e reattivi. Quindi, pianifichiamo alcuni interventi, pensando allo scenario peggiore. E attrezziamoci per essere pronti e poter così gestire qualsiasi scenario. Se la situazione rimane buona, il green pass lo si potrebbe benissimo usare per affollamenti importanti, ma anche per aprire le discoteche. In uno scenario peggiore, potrebbe invece essere necessario magari anche per entrare nei ristoranti. Dobbiamo tenere conto di una progressione di elementi da predefinire, sulla base di scenari futuri che più o meno potrebbero manifestarsi».
E qual è la strategia che funziona meglio?
«Ovviamente la vaccinazione.

Ma dobbiamo superare il rallentamento che stiamo osservando in questi giorni. Finora abbiamo vaccinato tutti quelli che desideravano farlo. Sarà più complicato ora arrivare a vaccinare gli indecisi e raggiungere una copertura più vasta della popolazione. Intanto, continuiamo a comportarci con buon senso. La mascherina usiamola ormai come un qualsiasi accessorio di moda. Tra 15 giorni capiremo se dovremo cambiare strategia».

 

Ultimo aggiornamento: Lunedì 20 Febbraio 2023, 00:36
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