Covid, la Regione Lazio ai medici di base: «Chi non fa i vaccini rischia il posto»

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di Lorenzo De Cicco

«Per i medici di base la campagna di vaccinazione anti-Covid non è su adesione, è una funzione obbligatoria: chi si rifiuta rischia il posto». Alessio D’Amato, l’assessore alla Sanità del Lazio, non la tocca piano. Anzi. La sfida dei dottori di famiglia che schivano dosi e punture negli studi è pronto a raccoglierla in pieno. Perché durante una pandemia, spiega, «tutti devono fare la propria parte». Invece centinaia di studi di Roma e delle province non si stanno preparando per il vaccine-day degli ambulatori: lunedì 1° marzo, tra 4 giorni, i dottori di famiglia dovrebbero stappare le prime boccette e somministrare l’antidoto al coronavirus ai pazienti nati nel 1956. Certo, per i noti problemi di produzione delle industrie farmaceutiche, le fiale saranno poche. Addirittura meno del previsto: si partirà con 10 dosi a studio medico, ogni 15 giorni. Cioè 5 flaconcini a settimana. Una miseria. Ma è quanto offrono in questo momento le forniture in arrivo. Diversi medici si stanno attrezzando lo stesso, senza darsi per vinti: c’è chi come Ombretta Papa a Torre Maura monterà un gazebo esterno per le somministrazioni, altri come Michele Lepore a Vigne Nuove le faranno in chiesa. Ma molti altri no. 

Vaccini, da marzo si raddoppia a 200 mila dosi al giorno. Ma ora tocca alle Regioni correre

«Si parte lunedì? L’Asl non ci ha comunicato nulla», rispondevano ieri allo studio medico di via Cerveteri, a Re di Roma. Ma come, la Regione dice che si comincia il 1° marzo, non ci si può prenotare? «No, è inutile, solo quando avremo i vaccini, forse tra una settimana o fra un mese, chissà». Nello studio medico sulla Casilina, a Borgata Finocchio, dicono: «Siamo ancora in alto mare, riprovi fra 10 giorni». Alla Garbatella, nell’ambulatorio di via Ciamarra rispondono così: «Il primo marzo? Non ne sappiamo nulla, dicono sempre la prossima settimana, poi rinviano.

Mandi una mail». Altro studio, altro tentativo a vuoto: in via Portuense ripetono che «non si sa nulla, perché i vaccini non ci sono». E ancora: «Richiami tra 10 giorni». In via Orvieto, a San Giovanni, una segretaria spiega che «il dottore qui non ha aderito, almeno fino a ieri, ora se ha cambiato idea non lo so. Ma non credo». Lo stesso racconta il medico dell’ambulatorio di via Rocca di Papa, all’Appio-Tuscolano, il dottor Luigi Probbo: «Non ho aderito, sono stanco».

LE ADESIONI
Secondo l’Ordine dei medici di Roma, circa 2 studi su 3 non faranno le iniezioni. Non in questa prima fase, col via annunciato per lunedì per gli under 65 (si parte da chi ha esattamente 65 anni). Problemi logistici, spiega il presidente dell’Ordine, Antonio Magi, incertezze sulle forniture. «Tanti dicono: meglio di no, non così. Finora hanno aderito al bando regionale in 1.300 su 4.200 dottori».

È proprio questo il tema della contesa con la Pisana, che ha programmato da mesi il funzionamento della macchina delle vaccinazioni. Macchina che, al netto di qualche intoppo, va riconosciuto, è partita in anticipo rispetto al resto d’Italia e che viaggia più spedita che altrove. Certo bisogna mettere più benzina, le dosi. Per la Regione i medici di base avranno un ruolo fondamentale, anche perché i contagi nel frattempo aumentano: ieri altri 1.188 casi positivi (+299), 38 i decessi (+5 in 24 ore). «Non è il momento di fare polemiche - riprende l’assessore D’Amato - Le dosi sono quelle a nostra disposizione, i medici non possono esentarsi dal fare i vaccini, rientra nelle loro funzioni, non è un optional». L’accordo per le somministrazioni è stato sottoscritto «da tutte le sigle», rimarca. «I medici della Regione sono 4mila, non sono certo alcune decine che rappresentano l’insieme», è l’augurio dell’assessore. Che sul punto promette severità: «Per chi si dichiara “stanco” verrà aperto un provvedimento disciplinare. Se è stanco, lasci il posto a chi vuole lavorare».
 


Ultimo aggiornamento: Giovedì 25 Febbraio 2021, 00:21
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