Roma, chirurgia plastica spacciata per tumore al seno: indagati 15 medici
di Adelaide Pierucci
Mamma di 30 anni scopre di avere un tumore al seno mentre allatta: per i medici era solo mastite
DATI MODIFICATI
Sono una decina i chirurghi che si sarebbero prestati a entrare in sala operatoria o a inserire dati ritoccati per permettere le operazioni di abbellimento. Come una mammoplastica riduttiva bilaterale su una giovane donna giustificata con la diagnosi di ingresso di ginecomastia (accrescimento dell'apparato mammario, in genere su uomini) e di uscita di ipertrofia del seno. Ma anche casi di blefarocalasi bilaterali con intervento su palpebre superiori e inferiori, o correzioni di anisomastia (mammelle diverse l'una dall'altra). Per la procura i medici avrebbero compiuto così anche un abuso d'ufficio procurando un «vantaggio patrimoniale» ai pazienti prescelti. Ma anche il reato di peculato per avere utilizzato come viene con precisione contestato: «pinze, porta aghi, bisturi, anestetici, garze, tamponi, disinfettanti, nonché l'energia elettrica usata per il funzionamento delle apparecchiature della sala operatoria». In base a un decreto regionale del 2010 che aveva per oggetto la Rete assistenziale della chirurgia plastica, il Sant'Eugenio veniva indicato come un centro di secondo livello, nel settore e quindi autorizzato a erogare prestazioni di natura estetica solo in casi precisamente classificati (ricostruzioni per gravi ustioni o per pazienti affetti da patologie maligne).
Ultimo aggiornamento: Martedì 22 Ottobre 2019, 08:46
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