Rom a Torre Maura, Salvini punge Raggi: «Metodo sbagliato». Lei: «Colpa degli uffici»

Video

di Simone Canettieri e Lorenzo De Cicco
In pubblico, da parte di Matteo Salvini, c'è una stoccata netta nei confronti della sindaca e la conferma della linea dura contro i nomadi che delinquono: «È sbagliato spostare dalla sera alla mattina decine di persone da palazzo a palazzo, quartiere a quartiere, di periferia in periferia. Le cose vanno fatte alla luce del sole, in maniera trasparente. Se ci sono rom che si vogliono integrare sono i benvenuti: quelli che pensano al furto non meritano niente». In privato, invece, c'è una telefonata «cordiale» e dai toni più confidenziali che istituzionali. Obiettivo, capire come «affrontare la rivolta». A metà giornata la sindaca Virginia Raggi riesce a mettersi in contatto con Salvini. Il ministro dell'Interno si fa spiegare per filo e per segno chi sono i residenti che protestano, perché lo fanno, chi c'è dietro ai disordini. Per la grillina è l'occasione di uno sfogo, che esce lentamente durante la conversazione, mentre gli illustra il quadro della situazione che si è sviluppata nelle ultime ore.

Rom a Torre Maura: «Il razzismo non c'entra nulla lottiamo solo per sopravvivere»

Torre Maura, nell'ex feudo M5S regna il degrado: «Non voteremo più i 5Stelle»
 



«Un'escalation di violenza e intolleranza», la definisce il Campidoglio. Da parte di Salvini c'è un atteggiamento belligerante a metà. Davanti alle telecamere il titolare del Viminale esprime sì una serie di perplessità sul modus operandi utilizzato dal Comune, ma preferisce non affondare più di tanto il colpo durante la telefonata. La cautela del «Capitano» si può spiegare in diverse modi. Gli preme non aprire un altro fronte con il M5S, visto il clima di guerra totale che si respira in parlamento. Una precauzione che si incastra in uno scenario molto più complicato. D'altronde Lega e M5S sull'inclusione di migranti e rom e, più in generale, sull'approccio a queste tematiche, sono diametralmente all'opposto.

LE TELEFONATE
Nella catena di telefonate la prima a essere interpellata dal ministero dell'Interno è il prefetto della Capitale, Paola Basilone. Tocca a lei fare il punto a Salvini che vuole essere informato su una protesta che, da martedì sera, ha preso una piega pericolosa, con le auto incendiate, i tafferugli, i cassonetti scagliati in strada, a fare da argine alle forze dell'ordine. La rappresentante del governo chiama poi in Campidoglio, parla a lungo, per tutta la giornata, col delegato alla Sicurezza della sindaca, Marco Cardilli, l'unico rappresentante dell'amministrazione stellata a recarsi a Torre Maura, accolto dai fischi dei residenti. E così riparte il giro inverso, fino al contatto tra «Matteo» e «Virginia». I vertici M5S blindano la sindaca. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede le esprime «massimo sostegno» davanti a questi focolai di violenza e queste aggressioni di matrice estremista. Se si scava in profondità, in molti sono costretti anche tra i big pentastellati a barcamenarsi. Spiega Mattia Fantinati, sottosegretario alla Pubblica amministrazione: «La guerra fra poveri c'è perché la sinistra non poteva integrare altri soggetti fragili e ha scavato un gap ancora più grande fra ricchi e poveri. Oggi questa bomba sociale viene strumentalizzata dai neofascisti».
Paola Taverna, vicepresidente del Senato in quota M5S, che nel VI Municipio di Roma ha anche una base elettorale forte, dice di «condividere l'esasperazione di chi, pur avendo sempre mostrato spirito di accoglienza, ritiene ingiusto sovraccaricare ulteriormente una piccola comunità». E se la prende con l'Ufficio Rom del Campidoglio, finito ora anche nel mirino di Raggi, con la rimozione della responsabile, Michela Micheli, e un'indagine interna. «La gestione degli uffici è stata inqualificabile», è convinta Raggi.

I LIMITI
La sindaca condivide con Salvini l'obiettivo finale, quello cioè di arrivare allo smantellamento progressivo dei campi rom. Ma la strategia per arrivarci è diversa. Raggi non crede nella ruspa amata dal leader del Carroccio. Nell'ultimo anno ha parlato spesso - lo ha fatto anche l'altro ieri, appena scoppiata la protesta, in tv - della «terza via» del M5S, a metà, dicono in Campidoglio, tra il «buonismo di certa sinistra» e la linea dura del Viminale. Insomma, «inflessibili con i delinquenti, accoglienti con le persone fragili, come i bambini».
Facile dirsi, molto complicato da mettere in pratica. Il piano Rom varato dal Campidoglio ormai quasi due anni fa, numeri alla mano, arranca. Per ora è stato smantellato solo il Camping River, con l'appoggio del Ministero dell'Interno, per mettere fine a una situazione di abbandono che aveva prodotto un'«emergenza sanitaria», come scrisse Raggi nell'ordinanza di chiusura. I rimpatri volontari in Romania non decollano, anzi: fino a oggi sono tornate nel paese d'origine appena 6 famiglie. Una goccia nel mare. Anche il bonus affitto, cioè l'assegno del Comune, fino a 800 euro al mese, per permettere ai nomadi di prendere casa lontano dalle baracche, finora, è stato un fiasco.
 
Ultimo aggiornamento: Giovedì 4 Aprile 2019, 08:21
© RIPRODUZIONE RISERVATA