Covid Roma, la battaglia dei tamponi. Condomini contro medici: «Non li fate negli studi»

La battaglia dei tamponi, condomini contro medici: «Non li fate negli studi»

di Lorenzo De Cicco

Michele Lepore, medico con 1.600 mutuati sparsi tra il Tufello, Monte Sacro e Vigne Nuove, farà i tamponi su un camper. Glielo ha prestato un ex carabiniere suo paziente. «Era l’unico modo. Nello studio non posso farli. Nel condominio hanno già protestato per le file sulle scale, ho dovuto chiedere alle persone di aspettare fuori, per rispettare le distanze. Ed erano semplici visite. Figuriamoci con i test Covid». Ecco allora la via camperista: il dottore parcheggerà il furgone in uno spiazzo della parrocchia di Sant’Alberto Magno, di sabato, e vai coi tamponi rapidi, un po’ per volta, su appuntamento. Il progetto di affidare ai medici di base almeno una parte del carico di esami Covid da realizzare ogni giorno, a cui hanno aderito oltre 300 camici bianchi del Lazio, rischia d’ingolfarsi alla prima curva, frenato dai cavilli e dalle proteste sul pianerottolo.

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«Passiamo le giornate a litigare con i medici», racconta Rossana De Angelis, presidente romana dell’Anaci, l’associazione degli amministratori di condominio. «Gli altri residenti non vogliono avere a che fare con i casi sospetti. E così ci chiedono di rispolverare i vecchi regolamenti condominiali, degli anni ‘30 o ‘40, scritti sull’onda della “spagnola”, che proibiscono di esercitare negli stabili attività sanitarie o “legate a malattie infettive”, cito testualmente». Codici su cui molti condòmini avevano volentieri soprasseduto, fino ad ora, perché avere il medico a portata di rampa in fondo era comodo.

«Ora però, col coronavirus, protestano - riprende De Angelis - C’è chi chiede addirittura di far chiudere studi aperti da anni.

E noi amministratori proviamo a trovare una mediazione, anche perché andare in Tribunale non conviene, una sentenza arriverebbe dopo 4 anni, a pandemia finita». Sulla battaglia contro i tamponi negli ambulatori di famiglia, però, quasi nessuno cede. L’Ordine dei medici è preoccupato. Come spiega il presidente Antonio Magi, «davanti a questo muro nei condomini, su 300 medici che hanno aderito, andrà bene se 100-150 partiranno davvero con gli esami». Il via, in teoria, è previsto per fine settimana. Ma le adesioni - già piuttosto scarne in città, dato che gli studi di medicina generale sono 2.500 tra Roma e provincia - saranno più che dimezzate.

IN MACCHINA

«Molti amministratori - riprende il presidente dell’Ordine dei medici - chiedono un documento firmato per essere sgravati da responsabilità. Oppure impongono sanificazioni. Così è difficile». Il rischio, molto concreto, è che il progetto fallisca o che abbia un impatto molto più limitato in confronto alle aspettative, in una fase in cui invece è decisivo allargare la rete del tracciamento, per evitare il sovraccarico dei drive in. «Io ho due studi - racconta Ombretta Papa, un altro medico di base che ha aderito al progetto - uno è in una villetta, a Torre Gaia, quindi non ho problemi condominiali. L’altro invece è a Corso Francia, al secondo piano. Qui mi sto organizzando per fare i tamponi in strada, mentre il paziente è in macchina». Un drive in improvvisato sulla carreggiata. Perché, come dice Lepore, il medico di Vigne Nuove, «per sopravvivere a questa crisi bisogna lavorare di fantasia». 


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 28 Ottobre 2020, 00:34
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