Studente suicida a Roma, i ragazzi e il professore che non capiva i suoi alunni: «Urlava e diceva parolacce»

I ragazzi e il professore che non capiva i suoi alunni: «Urlava e diceva parolacce»

di Alessia Marani

Le «stranezze» del prof di matematica ora indagato per la morte di Luca (è un nome di fantasia), il 17enne del Rousseau che si suicidò nel garage di casa nel luglio del 2019, erano note a tutti, studenti e colleghi. Per la Procura il docente di matematica, oggi 68enne, andato in pensione dopo il lockdown, con il suo comportamento potrebbe avere istigato il ragazzo al suicidio. «Gli mise una nota indegna - ricorda un ex compagno di classe del ragazzo che preferisce mantenere l'anonimato - visibile a tutti nel registro di classe, il prof usò parole pesanti, scrisse che meglio di lui avrebbe fatto un bambino di 5 anni, pur sapendo che Luca era dislessico. Lui ci rimase malissimo, credo si sentisse denigrato e discriminato. Ma io non credo che il professore si rendesse conto». Di quella nota il diciassettenne parlò con i compagni anche alla cena di fine anno, pochi giorni prima della tragedia. «Ma sembrava una cosa superata, archiviata, invece, chissà», aggiunge.

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Le stranezze? «Di sicuro quel professore era ormai inadatto al ruolo, ma a ripensarci mi fa anche compassione. Non sapeva gestire una classe - spiega l'amico di Luca - Vecchietto e piccolino non aveva autorevolezza e nessuno aveva paura di lui, lo prendevano in giro. Se gli chiedevi di andare in bagno era garbato in maniera imbarazzante, ti rispondeva mille volte certo, certo e faceva l'inchino quando passavi. Non si capiva quando parlava, passava da un argomento all'altro. Nelle frasi ogni tanto ometteva il soggetto, altre volte il verbo. Ormai probabilmente avrebbe fatto meglio il bibliotecario o altro, ma non era cattivo, aveva delle sue difficoltà. Non penso volesse fare del male a Luca».


LE DIFFICOLTÀ


Difficoltà che, forse, non erano passate inosservate, visto che quasi mai al prof venivano assegnate quinte classi: «Solo una volta aveva portato una quinta linguistica alla maturità, ma ci furono problemi. Nemmeno a noi, dopo la morte di Luca, in quinta, insegnò più». I colleghi lo ricordano alla lavagna mentre col gesso segnava formule «che però non riusciva a spiegare ai ragazzi, ogni tanto lo sollecitavamo a essere più chiaro, lui annuiva, ma poi continuava come se nulla fosse».

Lo descrivono come un uomo solo, chiuso in un mondo tutto suo, senza famiglia e amici, «non si relazionava con nessuno». Persino per rintracciarlo durante il lockdown c'erano stati problemi perché non rispondeva al telefono. Qualcuno, appresa la notizia delle indagini, lo ha chiamato, ma per lui «nessun problema, è tutto a posto». Per gli inquirenti nel corso dell'anno scolastico 2018/2019 avrebbe messo in atto un comportamento persecutorio nei confronti del ragazzo. Al Rousseau ricordano piuttosto intemperanze che il prof avrebbe avuto non solo con Luca.

«Non reggeva la pressione - dicono degli ex studenti - e all'improvviso abbandonava la sua timidezza per esplosioni d'ira in cui se la prendeva personalmente coi ragazzi, urlava anche parolacce. Altre volte non sapeva che fare, lasciava la classe e spariva. Ma nessuno gli dava peso o lo prendeva sul serio». Un insegnante vecchio stampo, non al passo con i tempi. Una docente ammette che «non aveva ben capito la necessità e l'importanza di un piano didattico personalizzato per i ragazzi con disturbi dell'apprendimento» tanto che il giorno della nota interrogò Luca a sorpresa, senza averlo prima concordato come dovrebbe avvenire con i ragazzi dislessici. Al liceo di via delle Sette Chiese la ferita per la morte di Luca è ancora aperta. «Il grande cruccio - dice il suo amico - è che Luca si era impegnato molto, era diventato bravo. Amava la kick-boxing e sognava di andare all'università a studiare Odontoiatria e so che ce l'avrebbe fatta meglio di tanti altri».


Ultimo aggiornamento: Sabato 6 Febbraio 2021, 11:41
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