I due caschi bianchi, però, procedono, fotografano il furgone e consegnano al tappezziere la contravvenzione per divieto di sosta. «Io sto lavorando come voi e pure voi per lavorare avete parcheggiato male», azzarda il multato notando l’auto di servizio delle vigilesse contromano sulle strisce pedonali. Così scatta anche lui delle foto.
In quel momento la situazione precipita. Le vigilesse inseguono il contravvenzionato a sirene spiegate, tentano in ogni modo di farsi consegnare lo smartphone e alla fine chiedono rinforzi. E’ allora che al tappezziere viene proposto di firmare un secondo verbale in cui si assume la responsabilità di non essersi fermato all’alt. Anche stavolta il tappezziere rifiuta: «Pago la multa, ma non ho forzato nessun blocco». Nel dubbio di essere stato denunciato per un reato non commesso il tappezziere si rivolge subito a una caserma dei carabinieri e poi formalizza una denuncia. La prima fase della vicenda finisce qui. Qualche mese dopo se ne apre un’altra. Le vigilesse allora per provare eventuali responsabilità del denunciante non hanno atti. Si sostiene allora che i verbali compreso quello di un testimone sarebbero spariti. Lo scorso aprile così il comandante dei vigili Antonio Di Maggio (estraneo alla vicenda) «viene indotto all’errore» di presentare una denuncia alla procura della Repubblica in cui sostiene che sarebbero stati soppressi degli atti di servizio relativi alla vicenda. Per il pm Carlo Villani, il magistrato titolare delle indagini, invece «quegli atti non erano mai stati formati». Da qui la richiesta di rinvio a giudizio per falso e simulazione di reato.
Ultimo aggiornamento: Domenica 5 Luglio 2020, 00:53
© RIPRODUZIONE RISERVATA