Roma, il flop dei tavolini all'aperto: «Incassi fermi senza turisti»

Il flop dei tavolini all'aperto: «Incassi fermi senza turisti»

di Francesco Pacifico
Meno del venti per cento di bar e ristoranti romani, circa 1.900, hanno chiesto al Comune di poter installare sui marciapiedi e in strada più tavolini all'aperto. Ma nonostante il provvedimento (spazio pari al 50 per cento in più nel sito Unesco e del 70 per cento nel resto della città) gli esercenti della Capitale registrano ancora incassi ai minimi, perdite che in media sfiorano il 50 per cento rispetto allo scorso anno. È questo in estrema sintesi il bilancio, le due facce della medaglie, della maggiore misura messa in campo dalla giunta Raggi a favore delle categorie più colpite economicamente dal Covid.

Una misura reclamata dai commercianti, ma che ha spaccato la maggioranza grillina, creato non poche tensioni con la Sovrintendenza e lo stesso governo nazionale, spinto alcuni comitati del Centro storico a impugnare la delibera al Tar. Al riguardo una decisione della giustizia amministrativa è attesa lunedì prossimo e qualunque sia la sentenza, Virginia Raggi - fresca di ricandidatura - rischia di scontentare importanti pezzi di elettorato.

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Tavolini all'aperto: i numeri


Tornano ai dati, bar e ristoranti che hanno ottenuto l'autorizzazione per installare i tavolini sono 548 in tutta la città. Sono, invece, 1.323 gli esercenti che hanno chiesto di allargare le occupazioni di suolo pubblico già esistenti. La stragrande maggioranza delle domande arriva dal Centro con 700 locali che hanno aumentato la presenza di tavolini all'esterno. Altre concessioni, 200 per la precisione, si registrano nel II Municipio. Il migliaio di restanti domande si dividono quasi equamente tra le zone della movida come Pigneto, Ostiense, Appia e Ponte Milvio.

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Ma questa, come detto, è soltanto una faccia della medaglia. Tavolini e sedie sono arrivati, mentre sono mancati i clienti. Infatti bar e ristoranti, rispetto allo scorso hanno registrato minori incassi tra il 45 e il 47 per cento, percentuale che nel Centro storico sfiora il 65 per cento. E alla fine il crollo dei ricavi potrebbe avvicinarsi al miliardo di euro. «Le richieste da parte degli esercenti - nota Luciano Sbraga, direttore della Fipe Confcommercio - sono state minori di quanto previsto». Aggiunge Stefano Di Niola, leader della Cna capitolina: «Quella sui tavolini è stata una misura importante, ma puoi fare poco se mancano gli uomini d'affari nei ristoranti business o gli stranieri in quelli turistici».

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Al riguardo Sabrina Alfonsi, presidente del I Municipio, racconta: «L'altro ieri camminavo per piazza del Pantheon e ho pensato che gli esercenti si sono allargati a macchia d'olio per avere i tavolini vuoti. Se la situazione non migliora, servono correttivi perché c'è da fare i conti con i parcheggi cancellati e i problemi di decoro. Senza contare che dal 31 ottobre scadrà la deroga introdotta dai dpcm di giugno e tornerà obbligatorio il parere della sovrintendenza».

Infatti il Campidoglio è stato molto generoso con gli esercenti: poca burocrazia per estendere l'occupazione sul suolo pubblico al 50 per cento nel sito Unesco e al 70 nel resto della città, poter mettere nuovi tavoli anche a 25 metri dalle proprie vetrine (tranne che nelle piazze storiche), e soprattutto mantenere lo status fino al 31/12/2021. Ma su questo punto serve una legge nazionale, altrimenti bisognerà passare per le forche caudine delle sovrintendenze e le stesse concessioni per l'allargamento potrebbero decadere.
 
 

Ultimo aggiornamento: Venerdì 4 Settembre 2020, 10:13
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