Roma, più tavolini in Centro davanti a bar e ristoranti. Il Ministero: «Non davanti ai palazzi storici»

Più tavolini in Centro davanti a bar e ristoranti. Il Ministero: «Non davanti ai palazzi storici»

di Lorenzo De Cicco
Più tavolini per tutti? Nel centro storico di Roma, dice il Ministero dei Beni culturali, le regole non si possono allentare, «anche in fase emergenziale». Piazzare dehors e trespoli nel cuore dell’Urbe, deviando dalle regole ordinarie, rischia di minare «il diritto alla piena fruibilità delle bellezze artistiche da parte della collettività», col rischio che «sia danneggiata la prospettiva, la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e decoro».

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Con queste parole, annotate in una lettera di tre pagine appena arrivata in Campidoglio, la Soprintendenza speciale Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Roma, che fa capo al Ministero, ha cassato i capisaldi della riforma delle concessioni di suolo pubblico a bar e ristoranti a cui l’amministrazione di Virginia Raggi lavora da mesi. Una delibera per concedere fino al 35% di spazi extra ai locali, dato che dovranno aumentare lo spazio fra i tavoli per rispettare le distanze Covid, col rischio, altrimenti, di perdere coperti e quindi guadagni.

L’impianto della proposta grillina, anticipata da un provvedimento lampo di Raggi per far partire subito le concessioni (in 450 si sono già allargati), prevede la deroga ad alcuni vincoli e una procedura ultra-rapida, basata sostanzialmente sulla formula del «silenzio assenso», come ha dichiarato il presidente della Commissione Commercio del Comune, Andrea Coia (M5S). I tecnici del Ministero però hanno smontato diversi pezzi della riforma. Che pure dovrebbe iniziare il suo iter in Assemblea capitolina la prossima settimana (prima in Commissione, poi in Aula, che riaprirà fisicamente il 9). Il soprintendente speciale di Roma, Daniela Porro, insieme ai coordinatori degli uffici per le Occupazioni di suolo pubblico permanenti e temporanee, Ilaria Delsere e Antonella Neri, scrive che è «inderogabile» la «distanza dai monumenti pari ad almeno 5 metri».

E non vale solo per i monumenti, ma anche per gli «edifici vincolati e mura». In questo modo, secondo il capo della Commissione Commercio, Coia, «di fatto in tutto il centro di Roma, che è città storica, sarebbe quasi impossibile allargare gli spazi». Sulla stessa linea le organizzazioni dei commercianti, come la Cna, secondo cui «è interesse pubblico anche salvaguardare le attività economiche - dice il segretario Stefano Di Niola - per evitare che il centro diventi una nuova Pompei».

PEDANE BOCCIATE Ma la Soprintendenza traccia una linea di demarcazione tra il cuore di Roma e il resto della città, ricordando che trattandosi di «aree di particolare pregio», i limiti «sono più stringenti e rigorosi». Non a caso la Soprintendenza ha ribadito «l’importanza dei piani di massima occupabilità», gli atti che mettono un freno all’estensione di tavolini e seggiole. Piani «da ritenersi inderogabili anche in fase emergenziale», almeno in Centro. Le uniche eccezioni: la «profondità massima» degli spazi per i tavoli, di 3 metri in piazza e di 2 metri su strada, potrà essere ampliata «rispettivamente fino a 4 e 3 metri», ma «esclusivamente per la durata dell’emergenza» che, scrive la Soprintendenza, è «circoscritta ad un arco temporale limitato al 31 ottobre 2020».

Bocciata anche l’idea di sospendere il Catalogo dell’arredo urbano, così come le pedane, «non compatibili con la Città storica». Gli esperti del Mibact contestano anche le procedure iper veloci. «Non si ritengono assentibili», si legge nelle carte, «la valenza “non vincolante” del parere espresso da questo Ufficio, con particolare riferimento alla Città Storica – Sito Unesco», così come «l’introduzione del silenzio assenso, non prevista dalla legge».

 
 
 
 
 

Ultimo aggiornamento: Sabato 30 Maggio 2020, 10:22
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