Roma, studente suicida, nello stesso liceo l'anno prima un altro episodio di bullismo

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di Flaminia Savelli

C'è un precedente. Un'altra bufera che aveva già travolto Rosella Di Giuseppe, la preside dell'istituto Jean Jaques Rousseau di Roma. Il liceo Linguistico e di Scienze umane di via delle Sette Chiese, alla Montagnola finito al centro di un'inchiesta della Procura capitolina. Con un'indagine avviata nel luglio del 2019 dopo che uno studente di 17 anni si era tolto la vita. Gli uomini della squadra Mobile hanno ricostruito il difficile anno scolastico che l'alunno aveva trascorso a causa delle umiliazioni subite dall'insegnante di matematica. Una situazione di cui la dirigente era stata messa al corrente dalla famiglia del giovane. Nel registro degli indagati, per maltrattamenti e istigazione al suicidio, è stato già iscritto il docente ora in pensione. Mentre il fascicolo della procura resta aperto e le indagini della polizia procedono.
Solo un anno prima- a giugno del 2018- un altro procedimento era stato aperto in un altro liceo romano, diretto sempre dalla Di Giuseppe.
Una studentessa del liceo classico Platone. Con una delle sedi nel plesso di via delle Sette Chiese: in questo caso, la ragazzina dopo aver presentato una denuncia per bullismo si era ritirata da scuola.
La giovane, con problemi di salute e un handicap, era stata presa ripetutamente in giro dai compagni di classe per l'amicizia con un'altra ragazzina ritenuta omosessuale e per un taglio di capelli troppo corto.
La Procura presso il Tribunale dei minori aveva poi proceduto per atti di bullismo e cyberbullismo mentre la Procura di Piazzale Clodio, per il mancato intervento degli insegnanti e del dirigente scolastico.
«Mia figlia - aveva raccontato la mamma- è stata vittima a scuola di continue derisioni, prese in giro, diffamazioni e discriminazioni aventi ad oggetto la sua personalità.

Di tale incresciosa situazione - aveva chiarito - erano a conoscenza insegnanti e preside. Ma non ci sono stati interventi concreti». Eppure quelle prese in giro erano finite anche in rete: era stata filmata e fotografata, ripresa in diretta su Instagram e sempre contro la sua volontà. Tanto che a fine anno scolastico, non riuscendo più a gestire il disagio, aveva chiesto il trasferimento in un altro liceo.

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LA LETTERA
La preside era intervenuta chiarendo: «Mi dispiace per i genitori e per la ragazza, che è un'ottima studentessa. Capisco che soffrono ma rivendico il fatto che la scuola non è stata inerte». Da quanto riferito, la dirigente aveva vietato l'uso dei telefonini in classe e aveva organizzato un confronto. Ma per la studentessa l'incubo non è mai finito. E dopo il trasferimento ha pubblicato una coraggiosa lettera: «La pesantezza del mio anno - scrive- non era dovuta alla quantità di compiti o studio, ma dalle mie compagne di classe. Quando entravo avevo gli occhi puntati addosso, sentivo risatine. Il mio nomignolo? Lesbica. Quando l'ho saputo dentro di me è crollato il mondo. Soprattutto quando le mie professoresse e il dirigente scolastico ne erano venuti a conoscenza e non avevano mosso un dito». Poi la ragazza conclude: «Sono crollata ma ho deciso di parlare e ho raccontato tutto a mia mamma».


Ultimo aggiornamento: Lunedì 8 Febbraio 2021, 12:20
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