Chiedevano ai commercianti una sorta di “pizzo”, che andava dai 20 ai 50mila euro, per assicurare il rinnovo del contratto di affitto di alcuni negozi del centro commerciale Euroma2, uno dei più grandi della Capitale. Grazie alla denuncia presentata nell’aprile del 2019 al Gico della Finanza da parte di una delle vittime (che si era rivolta anche alla trasmissione tv “Le Iene”) e grazie agli approfondimenti che ne sono seguiti, gli inquirenti sono riusciti a ricostruire quello che il giudice delle indagini preliminari di Roma, Roberto Saulino, ha definito «un collaudato sistema criminale congegnato e attuato dagli indagati Francesco Zoccoli, Ettore Torrese e Fabio Travaglio, in stretta sinergia operativa e spesso con interscambio di ruoli, con modalità ripetitive, sistematicamente adottate nel tempo, quantomeno a partire dal 2013».
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Per questo il nucleo di Polizia economico-finanziaria, coordinato dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo, ha eseguito ieri nei confronti dei tre indagati, con l’accusa di estorsione, altrettante misure interdittive: per un anno non potranno condurre attività professionali alle dipendenze di imprese che operano nello stesso settore. I finanzieri hanno proceduto anche a un sequestro preventivo di beni per 2 milioni di euro. La proprietà della galleria commerciale è del tutto estranea ai fatti.
LA “STECCA”
Gli imprenditori stipulavano dei contratti di affitto di ramo d’azienda della durata di 5 anni per poter esercitare - a fronte del pagamento di un canone - la loro attività all’interno del centro commerciale Euroma2. «Puntualmente, circa un anno prima della scadenza - spiega il gip - la società affittuaria, nel momento in cui entra in contatto con la Soresen Consulting srl allo scopo di ottenere il rinnovo del contratto d’affitto, si trova esposta alla richiesta da parte di Zoccoli, Torrese (referenti della Soresen) e di Travaglio (dipendente della Roma2 Immobiliare srl e referente della società proprietaria) di pagamento di somme non dovute (la “stecca”) senza garanzia di rinnovo in caso di attesa della naturale scadenza del contratto». «Evidente è la valenza di minaccia insita nel sistema di gestione negoziale», precisa il giudice. Per chi si fosse rifiutato di pagare il “pizzo”, «il grave onere economico da sostenere per avviare altrove l’attività commerciale» era superiore - come si legge nel provvedimento - al «danno derivante dalla capitolazione di fronte all’ingiusta pretesa». Tant’è vero che 4 imprenditori su 5 (che gestivano bar, negozi di abbigliamento e una gioielleria) alla fine hanno pagato. Un indagato è stato fermato dai finanzieri all’uscita dall’abitazione di una delle vittime con oltre 49 mila euro in contanti, che sono stati sequestrati.
LE INTERCETTAZIONI
«Da stamattina 8 telefonate di Francesco (Zoccoli, ndr), mo ha paura, deve pigliare i soldi - raccontava a un suo collega, il 22 maggio 2019, l’imprenditore che aveva denunciato il “sistema” - Ora lo sai che ci vorrebbe adesso? Che io gli metto i soldi sul tavolo, no, e poi gli metto la denuncia quella dalla Finanza (...) e dico: “tu li vuoi prendere lo stesso?”. (...) Voi mi avete fatto il rinnovo, io sono una persona di parola e i soldi stanno qua, contateli, però sappi che c’è questa indagine in corso». Lo stesso poi parlava delle difficoltà che avrebbe incontrato nel caso, al termine del contratto di 5 anni, avesse voluto vendere l’attività: «...loro sono sempre dei maiali... perché tu fai sempre il patto con il diavolo con questi figli di una m...». A quel punto, in caso di diniego: «gli posso far vedere la denuncia e dico: “che famo? Se continuate così a ricattare io poi questa la faccio valere”».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 28 Settembre 2022, 10:47
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