Roma, l'invasione dei pendolari: in 300 mila dall'hinterland, ma 3 su 4 vanno in auto

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di Francesco Pacifico
Ogni giorno 300mila abitanti dell'hinterland entrano a Roma. Quasi la metà dei 700mila pendolari diretti quotidianamente nella città eterna. E tutti si mescolano al milione e ottocentomila residenti nella Capitale che, a loro volta, circolano in macchina o con i mezzi pubblici per andare a lavoro, a scuola o solo a passeggio. E parallelamente, ogni giorno, 47mila romani fanno il percorso inverso e si dirigono in provincia, dove si sono insediate oltre 140mila imprese. La mattina e la sera, all'ora del rientro, per gli spostamenti tra città e provincia, Roma diventa una giungla. E forse non potrebbe essere altrimenti in un territorio dove, su tutto l'arco della giornata, si registrano circa 7,4 milioni di movimenti. Ma di questi soltanto 1,75 milioni avvengono con i mezzi pubblici: 900mila con gli autobus, 690mila in metropolitana, 160mila con le ferrovie concesse e 220mila con quelle regionali. Il resto avviene in macchina. E sono auto vecchie e inquinanti: appena un terzo ha una motorizzazione Euro 5 e Euro 6, percentuale che non arriva neppure al 25% per i veicoli commerciali. Tutto questo si registra in un'area sterminata, dove gli stalli per parcheggi di scambio sono appena 15mila, i mezzi pubblici (autobus, tram e treni) poco meno di 7.700.

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LE DIRETTRICI
Stando all'ultimo Rapporto statistico sull'Area Metropolitana Romana, il maggiore bacino proviene dai comuni dei Castelli, con poco più di 51mila trasferimenti giornalieri verso la Capitale. Sull'asse dell'Aurelia da centri come Cerveteri, Civitavecchia, Fiumicino e Ladispoli si muovono poco più di 30mila persone. Da Nord, poi, altri 10mila giungono dal versante della Cassia e della Braccianese. In 80mila entrano invece da Est: dai comuni sulla direttrice della Flaminia (come Capena, Fiano Romano, Formello e Rignano Flaminio), da quelli sviluppatasi intorno a Salaria e Tiburtina e da Guidonia. Guardando a Sud, i centri collegati alla Capitale con la Casalina (Colleferro, Gallicano, Palestrina, Valmontone e Zagarolo) riversano ogni giorno quasi 22mila persone. Stessa quantità dall'area del litorale come Anzio, Nettuno oltre a Pomezia. Dagli anni 70 in poi Roma ha perso circa 800mila residenti. Gente che per motivi economici o alla ricerca di una qualità della vita migliore dispersa prima nelle periferie a cavallo del Gra, che poi ha proseguito la migrazione verso i comuni della corona metropolitana. Dove, non a caso, risiedono 736mila persone, circa la metà della popolazione dell'hinterland. E tutto questo ha comportato nell'Urbe invecchiamento e denatalizzazione tra i residenti, impoverimento di natura sociale in alcuni punti della Capitale e proliferazione di quartieri dormitorio oltre i confini cittadini. Ma soprattutto lunghi tempi di percorrenza per andare a lavoro o a scuola (13 ore al mese per chi vive in provincia) e inquinamento. Un fenomeno però, che secondo il Cnr, si è bloccato negli ultimi anni, come dimostra il fatto che il deflusso nell'ultimo decennio si è dimezzato (circa 4mila persone) rispetto ai 10 anni precedenti, per il tentativo delle famiglie di avvicinarsi quanto più è possibile al centro, sfruttando le più favorevoli oscillazioni del mercato immobiliare. Ma cinquant'anni sono difficili da recuperare. Chi ogni mattina entra nella Capitale spesso non la fa solo per lavoro o studio, ma per una visita medica o per pratiche di natura amministrativa. Tra i comuni della Provincia solo Civitavecchia e Bracciano a Nord, Monterotondo, Guidonia e Subiaco a Est, Frascati, Albano Laziale, Velletri e in parte Marino ai Castelli, Palestrina e Colleferro a Sud offrono un insieme integrato di strutture pubbliche che spaziano tra distretti scolastici, ospedali, servizi per l'impiego, organismi giudiziari e realtà finanziarie. Sul fronte della mobilità svetta sempre l'area dei Castelli, che può vantare verso Roma una fitta rete stradale e tre linee ferroviarie, che però non sono sufficienti a evitare ai pendolari ritardi e traffico. Gli altri quadranti - per esempio la zona Nord con la Braccianese per il trasporto su gomma e la Fm3 per quello su ferro o l'asse della Flaminia con la Ferrovia Roma Viterbo - hanno una o al massimo due infrastruttura per raggiungere la Capitale. Che sono insufficienti. Con il risultato che ci vuole un'ora da Sud e Sudest.

LE PROSPETTIVE
Questo lo stato dell'arte. E le cose sono destinate a peggiorare senza politiche innovative. Scrive Domenico De Masi nel suo libro Roma 2030: «Le prospettive economiche di Roma, da qui al 2030, non sembrano ottimistiche, tuttavia la città potrà continuare a fare da riferimento alla sua area metropolitana e alla regione perché il suo andamento economico sarà mediamente migliore di quello delle aree circostanti».
 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 2 Ottobre 2019, 09:38
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