M5S a pezzi sul Bilancio: fondi per la discarica, il consigliere Angelucci si dimette

M5S a pezzi sul Bilancio: fondi per la discarica, il consigliere Angelucci si dimette

di Lorenzo De Cicco
Il maxi-emendamento alla manovra appena sfornato dalla giunta Raggi manda in tilt i 5 Stelle di Roma. Dopo una nottata di urla e tensioni, ieri un consigliere della maggioranza, Nello Angelucci, ha rassegnato le dimissioni (sarà rimpiazzato oggi). Altre due grilline, Monica Montella e Simona Ficcardi, non dovrebbero votare il bilancio 2020-2022 del Campidoglio. Un altro consigliere 5S, Paolo Ferrara, ha espresso forti perplessità nel vertice del gruppo: avrebbe voluto più fondi per Ostia, il suo municipio. Angelucci invece ha lamentato tagli al sociale. La pattuglia stellata, di fatto, traballa e si aggrappa a numeri mai così risicati: 2-3 seggi di scarto per conservare la maggioranza assoluta degli scranni.

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La realtà è che l’esecutivo Raggi ha dovuto trovare, in tutta fretta, «100 milioni di euro» per finanziare «il piano industriale di Ama», così si leggeva nella prima bozza del documento (circolata ieri), poi corretta a penna come «piani industriali delle società partecipate», per compattare le truppe. Ma nelle riunioni interne è stato detto: i soldi servono soprattutto per Ama. Un piano che prevede una discarica, impianto tabù per i grillini fino a poco fa, ma su cui la sindaca ormai ha ceduto, arrivando a patti con la Regione di Zingaretti. I 100 milioni saranno necessari solo per il 2020. Poi toccherà trovare altri soldi ancora, mission affidata al responsabile delle Finanze capitoline, l’assessore Gianni Lemmetti.

Prima però la sindaca dovrà portare a casa l’approvazione del bilancio entro fine anno. La discussione continuerà sia oggi che domani. Raggi dovrebbe farcela, ma il pallottoliere dell’Aula è in sofferenza. Ieri, per dire, si è votato il “bilancio consolidato”, il consuntivo del Comune e di tutte le sue partecipate, che si chiude con perdite di 42 milioni. Un atto peraltro cassato dai revisori dei conti, secondo i quali non «rappresenta non perfettamente la reale consistenza economica, patrimoniale e finanziaria dell’intero gruppo dell’amministrazione». I favorevoli sono stati 24 sui 48 eletti dell’Assemblea capitolina, comprendendo il voto di Virginia Raggi, accorsa in Aula per evitare che cadesse il numero legale (l’opposizione in genere non risponde all’appello, se la maggioranza non lo garantisce da sola). Marcello De Vito, il presidente dell’Assemblea capitolina, si è astenuto.

Ficcardi e Montella non hanno partecipato al voto, come il dimissionario Angelucci. Ferrara ha votato sì, ma i suoi dubbi erano sul maxi-emendamento, non sul consolidato. Spiegava ieri sera Ficcardi: «C’è un problema nel gruppo, è evidente. Non so che farò sul bilancio. Il testo dell’emendamento ancora neanche ce l’hanno fatto vedere... Ma se ne parlerà, eccome».

L’opposizione cercherà una crepa nella maggioranza col bazooka di 5mila tra emendamenti e ordini del giorno.
Andrea De Priamo, capogruppo di Fratelli d’Italia, attacca: «Dopo aver detto per anni che non ci sarebbero state discariche la giunta grillina stanzia in extremis e con l’avallo della Regione a guida Pd 100 milioni per il piano industriale, tagliando sul sociale». Anche i dem sono polemici: «La sindaca stacchi la spina», dice il capofila Giulio Pelonzi. Il capogruppo del Movimento 5 Stelle, Giuliano Pacetti, ieri pomeriggio davanti ai taccuini dei cronisti assicurava: «Spaccature tra noi? Nessuna. Solo un dibattito interno, che c’è sempre stato. Angelucci? Ma no, a breve torna e vota in Aula». Invece subito dopo si è dimesso. Eleonora Guadagno e Andrea Coia, due big dell’Assemblea capitolina, una presidente della Commissione Cultura, l’altro della Commissione Commercio, alla buvette ammettevano che stavolta le defezioni «non sembrano più casi isolati. Ma dopo tre anni e mezzo qui, passati in questo modo, è normale».

Ultimo aggiornamento: Venerdì 20 Dicembre 2019, 11:47
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