Roma, finisce in coma per una buca riparata male: denunciata la ditta

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di Adelaide Pierucci
La buca, il rattoppo, l'incidente e poi un'altra tamponatura. Solo dopo gli incidenti, specie se gravi, i rammendi delle strade romane vengono perfezionati. Uno squarcio al centro di via Paolo Albera, a Colli Aniene, in base agli atti acquisiti della prova, ne appare l'emblema. Rifinita e ben stuccata solo dopo che per un soffio un motociclista non ci rimetteva la vita a novembre.

Le buche di Roma uccidono ancora. Ma le riparazioni sono ferme
 


La procura, ormai pronta alla linea dura, ritiene che per quello schianto ci sia un colpevole: l'addetto alla sicurezza della ditta appaltratrice finanziata dal Campidoglio per la manutenzione del tratto. Un tecnico per cui il pm Attilio Pisani ha contestato il nuovo reato di lesioni stradali gravissime, e per cui ha appena completato le indagini per preparasi a chiederne il rinvio a giudizio. Non avrebbe vigilato l'addetto. O per lo meno, non abbastanza. E quindi sua la responsabilità se un motociclista il 26 novembre scorso dopo essere schizzato via dall'asfalto è finito in coma con un grave trauma cranico. L'indagato è l'incaricato alla vigilanza di una Ati, una associazione temporanea di imprese formata dalla Sabina Appalti e l'Adg Energia a cui era stato affidato il compito di ripristinare quella via, e la rete stradale nei pressi, ad ogni cedimento, buca, avvallamento. La procedura di norma è questa: intervengono gli operai, scattano una foto per illustrare il danno e poi avviano i lavori. Spesso con del cemento a freddo.

Basta una colata con un sacco e la buca non c'è più. I problemi arrivano dopo quando si riaprono. A volte basta un acquazzone. Potrebbe essere lo stesso indagato l'addetto alla sicurezza dell'Ati a giorni a dovere spiegare al magistrato (nell'interrogatorio richiesto dopo il completamento delle indagini) perché nel tratto una buca ricoperta qualche settimana prima, è stata di nuovo ritamponata due giorni dopo l'incidente. Dagli atti sequestrati per ordine dell'autorità giudiziaria risulta una foto scattata a ottobre. Ma anche la successiva certificazione di ripristino. Solo che un avvallamento proprio nello stesso punto in cui c'era la buca il 26 novembre causa un incidente stradale a un motociclista alla guida di uno scooterone Yamaha TMax. L'uomo, un quarantenne, finisce in ospedale con un trauma cranico e più fatture. I medici fanno una prima stima per la guarigione di quaranta giorni che poi arriveranno a sfiorare i novanta.

I RILIEVI
Dai rilievi i sospetti degli agenti della polizia Roma Capitale si concentrano su uno squarcio sull'asfalto. Quando il magistrato dà l'incarico di verificare lo stato della strada la buca non c'è più. Era stata tamponata. Ma visto che era risultata già ricoperta a ottobre, per gli inquirenti, nel primo caso potrebbe essersi trattato solo di un rattoppo. Un lavoro non eseguito non a regola d'arte sul quale avrebbe dovuto vigilare appunto l'incaricato alla sicurezza della ditta vincitrice dell'appalto sulla manutenzione. Appalti in genere assegnati con forti ribassi. E con imprese tenuto spesso sull'orlo del fallimento per i ritardi accumulati nei pagamenti. Restano aperte altre inchieste per le strade groviera. Stavolta per omicidio stradale e con il faro della procura puntato sul Campidoglio. A partire da quella sullo schianto costato la vita a Elena Aubry, sbalzata dalla moto in via Ostiense nel maggio 2018. Oppure per Luca Tosi Brandi, morto a Labaro qualche mese dopo, a dicembre. Tutti e due ventenni, universitari, motociclisti. Sarebbero potuti essere amici, Elena e Luca. E invece amiche sono diventate le rispettive madri, Graziella Viviano e Antonella Grenga, legate dallo stesso dolore e dalla stessa battaglia anti-rattoppi. 
Ultimo aggiornamento: Sabato 7 Settembre 2019, 13:33
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