Roma, guerriglia organizzata come allo stadio: in strada ultrà ed estremisti di destra

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di Alessia Marani

La tecnica è quella collaudata della guerriglia da stadio. E non a caso, ieri, in piazza del Popolo a Roma a lanciare bottiglie e bomboni in direzione delle forze dell'ordine c'erano anche alcuni volti noti tra gli ultrà, già visti in azione negli scontri di Coppa Italia tra Lazio e Atalanta o nei raid per i vicoli di Trastevere a caccia dei tifosi dell'Eintrecht, fatti del 2019. Almeno 5 i fermati tra i 16 di ieri sera. Ingresso coreografico in piazza del Popolo tra fumogeni e un paio di grossi petardi fatti esplodere tra la piazza e il lungotevere per dare il segnale: siamo arrivati. Mascherine nere messe su bene sopra il naso, berretti scuri calati che lasciano intravedere solo gli occhi.

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Roma, scontri e disordini in centro

Alleanze trasversali


Alla testa c'è Giuliano Castellino, leader romano di Forza Nuova, svariati precedenti di polizia alle spalle e trascorsi dietro le sbarre, un passato nella Curva Sud giallorossa, carica il gruppo (oltre qualche vecchio una pletora di giovanissimi) e via ai cori. Era stato lui, per primo, a sfidare il coprifuoco venerdì notte a Roma, sull'eco della rivolta di Napoli, scendendo in strada all'Ostiense (con scarso seguito), poco importa la differente fede calcistica, amico del defunto Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, storico capo ultrà degli ormai disciolti Irriducibili della Lazio, era stato avvistato in zona via Amulio, la tana biancoceleste, anche sabato sera prima dell'altra manifestazione, sempre in piazza del Popolo, a cui seguirono le prime avvisaglie di scontri.


Ieri la discesa in campo appariva organizzata. Stile stadio. La polizia già poco prima delle 19 aveva trovato uno zaino sotto un'auto in via Pompeo Magno, in Prati, contenente passamontagna, petardi e una catena. I primi appartenenti delle tifoserie erano già stati avvistati nei dintorni di piazza Cavour, quando alle 17, esponenti della Lega si erano dati appuntamento per estrarre il cartellino rosso per Giuseppe Conte, questo lo slogan, per ribadire che «#gli italianinonvoglionofallire». Bandiere tricolori senza simboli di partito, tagliandini rossi in mano e striscioni, un consigliere regionale propone l'applauso per gli uomini e le donne delle forze dell'ordine.

I gruppi

Poi il gruppo, che doveva manifestare in maniera statica, verso le 18 chiede di potere sfilare in un breve corteo fino a piazza del Popolo, attraversando Prati e ponte Regina Margherita. Tutto si svolge pacificamente, quel che rimane del gruppo, un centinaio di persone, continua tra slogan e comizi. Ma nell'aria c'è tensione.

Perché alle 19 è previsto l'arrivo delle partite Iva e dei lavoratori chiamati a raccolta (senza alcuna richiesta di autorizzazione dell'uso della piazza) in una manifestazione nazionale. Passano le 19 ma non si vede nessuno. Dopo qualche minuto ancora gli organizzatori del presidio di piazza Cavour decidono di andarsene, non hanno intenzione di mischiarsi a chi potrà arrivare dopo. Ed eccoli gli ultrà e l'ultradestra.

Tolleranza zero

Bombe carta e cori contro le forze dell'ordine. Il prefetto era stato chiaro: nulla da eccepire con chi manifesta ed esprime il proprio libero pensiero correttamente, ma tolleranza zero con chi vuole prendere la scena «in maniera pretestuosa». E questa è una di quelle occasioni. Parte l'idrante della polizia, i reparti mobili avanzano. Lo zoccolo duro dei manifestanti sa come agire. Lanciano le bombe carta verso la polizia, buttano giù monopattini, alzano le barricate con i secchioni dell'immondizia e gli danno fuoco, rovesciano le campane del vetro in strada, raccolgono da terra tutte le bottiglie e cominciano a scaraventale davanti a loro per coprirsi la ritirata. Ci sono più gruppetti: avanzano, attaccano e indietreggiano. Ancora una volta svaniscono tra le strade di Flaminio e Prati, le stesse che molti ben conoscono per la vicinanza all'Olimpico. A fine serata Castellino dirà: «Siamo stati attaccati e caricati, i più giovani facevano da scudo ai manifestanti». «Lunedì i nostri reparti mobili erano a Napoli e a Torino, presi e mandati a Roma - afferma Andrea Cecchini, del sindacato Italia Celere - turni senza sosta, pochi uomini, a rischiare la vita per gruppi organizzati alla guerriglia».
 

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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 28 Ottobre 2020, 07:51
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