Lavinio, incendio del lido "Il Tritone", cinque persone ai domiciliari: nei guai anche due agenti
di Alessia Marani e Antonella Mosca
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Gara effettuata come ogni anno prima della stagione turistica. Di questo intreccio di interessi e reati oltre al 64enne sono accusati Francesca Porciatti, la 47enne che di fatto gestisce lo stabilimento, in combutta con lui e guarda caso unica partecipante alla gara e l’esecutore materiale dell’incendio, Roberto Rezzi, di 52 anni, un volontario della Croce Rossa, che ha confessato di avere ricevuto 500 euro per compiere il raid e di averlo anche filmato con il telefono per dare prova a Nunzio del compito portato a termine. Sono accusati, in concorso, di turbata libertà degli incanti, danneggiamento seguito da incendio, simulazione di reato (la Porciatti denunciò che anche a lei erano arrivate lettere di minacce) e il 64enne anche di istigazione alla corruzione, quella nei confronti dell’ispettore Carlo Drusetti e della moglie Marina Ferro,entrambi 47enni.
LE INTERCETTAZIONI
Gli inquirenti li hanno scoperti ascoltando le intercettazioni telefoniche degli indagati, realizzando che i due avevano contatti diretti con Nunzio Valente, al quale riferivano di dati sensibili e indagini. In cambio di regali e favori. Infatti i due poliziotti infedeli sono accusati non dell’incendio ma di aver rivelato segreti di ufficio riguardanti le indagini e di truffa in danno dello Stato. Il Tritone, sul lungomare Enea, fu incendiato alle 18 del 25 marzo 2019. Non fu necessario fare lunghe indagini per capire che si trattava di dolo:la finestra delle cucine era forzata e c’era liquido infiammabile sparso ovunque. «L’atto intimidatorio - spiegano dalla Questura - finalizzato ad impaurire eventuali partecipanti all’asta, provocò l’allontanamento dei pretendenti consentendo ad una sola persona, peraltro unica partecipante, di ricevere la conduzione della citata struttura». In quel modo, “facendo fuori” in anticipo gli altri concorrenti, la Porciatti si era aggiudicata fraudolentemente la gara.
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Ora “IlTritone” è tornato all’Agenzia Nazionale dei beni Confiscati. Scrive il gip nell’ordinanza che viste le «diverse utilità elargite nel tempo da Valente ai poliziotti (risoluzione di problematiche finanziarie, acquisto elettrodomestici...) al fine di assicurarsi la loro messa a disposizione», gli arresti domiciliari sono «l’unico presidio in grado di scongiurare qualsivoglia contatto tra loro». L’ispettore, pur in malattia dal lavoro, si sarebbe prestato come investigatore privato per Valente. Sebbene non siano emersi collegamenti con la criminalità organizzata, l’Associazione Coordinamento Antimafia Anzio Nettuno-Reti di giustizia sottolinea come il territoriosia «da tempo caratterizzato da radicamento mafioso» auspicando che si approfondiscano anche altri episodi.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 5 Agosto 2020, 10:10
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