A pranzo, oppure a cena quando si fermava, adorava andare al Bolognese in Piazza del Popolo. Generosissimo, passeggiando per via Borgognona, si fermava nella boutique per rivedere le nostre collezioni e comprava regali per tutti. Sceglieva i gioielli da Eleuteri in via Condotti e i mobili antichi da Gasparini in via Fontanella Borghese, dove frequentava anche la libreria.
Andava pazzo per i libri. Tornava con decine di volumi. Cercava il meglio, sempre. «Ci ha insegnato anche a crescere culturalmente» dice Anna. Altro motivo di grande soddisfazione era stata la mostra della griffe romana alla Galleria d’Arte Moderna. Si chiamava “Un percorso di lavoro. Fendi-Karl Lagerfeld”. Polemiche a non finire. La moda non è arte, dicevano i critici. Era il 1985 e quella esposizione, per festeggiare i venti anni di liaison, era la prima del fashion system che si teneva in un museo. Un evento anticipatore. Era stata prolungata oltre la data, file di giovani facevano la coda per visitarla. Una vittoria. Lagerfeld precorreva i tempi, era curioso, innovativo, proiettato in avanti.
E si era innamorato dell’Eur nel momento che il brand romano, acquisito nel 2000 dalla società del Lusso LVMH si era poi trasferito nel gigantesco Palazzo della Civiltà Italiana. E gli piaceva moltissimo Palazzo Fendi a Largo Goldoni dove aveva scelto la sua suite tra le raffinatissime che sono state allestite sopra il mega negozio. In fondo era quello il quadrilatero che aveva sempre frequentato. Che conosceva meglio. Non poteva un uomo che viveva nello spettacolo, come lui, non “conquistare” Cinecittà dove, stavolta per Chanel di cui era direttore Creativo dal 1983, aveva voluto una passerella tra i set di una Roma antica e di una Parigi bohémienne ricostruita per l’occasione. Anno 2015. Era qui anche un mese fa, lo stilista più eclettico del mondo, colui che diceva avrebbe potuto disegnare le collezioni di chiunque. Era qui a lavorare con Silvia Venturini Fendi, figlia di Anna e stilista della maison. Silvia è l’erede di una stirpe che ha contribuito a fare grande il made in Italy. E che ricorderà sempre Karl, amico magico, internazionale, velocissimo nel disegnare e nel parlare, nell’andare e venire, poliedrico, appassionato di tutto e grande fan di quella Roma che frequentava e ammirava da oltre cinquanta anni.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 21 Febbraio 2019, 10:11
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