Covid a Roma, chiuso un ristorante su dieci: «La cena vale il 70%, rischio catastrofe a Natale»

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di Fabio Rossi

Molti hanno già gettato la spugna: il 10-15 per cento dei seimila ristoranti della Capitale, secondo le stime delle associazioni di categoria, hanno deciso di sospendere l'attività, viste le restrizioni imposte dalle norme anti Covid, in attesa di tempi migliori. «Già in periodi normali la cena vale il 70 per cento del giro d'affari dei ristoranti - osserva Luciano Sbraga, direttore di Fipe-Confcommercio - Ma in tempi di coronavirus, senza turisti e con i pranzi di lavoro ridotti ai minimi, di sera si concentra il 90 per cento del lavoro». Con la chiusura alle 18, pur con la possibilità di vendere per asporto o con consegne a domicilio, «per la gran parte dei ristoratori restare aperti è più una scelta di volontà che di mercato», spiega Sbraga. Insomma, in questa situazione - e ancor di più se dovessero rendersi necessarie misure più drastiche - il numero di pubblici esercizi romani che scelgono di chiudere è molto probabilmente destinato ad aumentare.

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ULTIMO APPELLO
Il punto di non ritorno, però, sarebbe lo stop natalizio. Per tutto il settore del commercio nella Città eterna il periodo delle festività di fine anno vale quasi 10 miliardi di euro di consumi - ma soprattutto per il settore della ristorazione. «Se non saranno rimosse le limitazioni per Natale sarà davvero la catastrofe - sottolinea Claudio Pica, leader di Fiepet-Confesercenti - Per capirci, l'unico modo per salvare il settore sarebbe riaprire tutto entro il 4 dicembre, altrimenti il fallimento di gran parte delle nostre realtà sarà inevitabile». Ma non è l'unica asticella che i ristoratori fissano per riuscire a tirare avanti in questi mesi difficili: «In questi giorni qualcuno ha ventilato l'ipotesi di un lockdown totale nei giorni festivi - dice Pica - Toglierci anche il pranzo della domenica, oltre alle cene, sarebbe il colpo finale per i ristoratori soprattutto in alcune aree di Roma, come il litorale».

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I GESTORI
In giro per la città le restrizioni stanno colpendo tutti i ristoranti: se nel centro storico si sconta la mancanza di turisti, nel resto della Capitale è evidente come lo stop serale abbia ridotto drasticamente il fatturato dei locali.

E a pagarne il prezzo sono anche gli esercizi più noti. «La situazione è molto difficile ovunque - racconta Alessandro Camponeschi, titolare del ristorante di piazza Farnese - Il 18 maggio siamo stati tra i primi a riaprire dopo il lockdown anche per rimettere al lavoro i nostri dipendenti, visti i ritardi nei pagamenti della cassa integrazione, ma ormai andiamo avanti solo grazie alla solidarietà dei residenti della zona, che ci sostengono». In piazza Elio Callistio il ristorante Maestrale, uno dei più noti del quartiere Africano, ha abbassato le saracinesche da qualche giorno, lasciando affisso un cartello laconico quanto chiaro: «A seguito dell'ultimo Dpcm il ristorante ha deciso di rimanere chiuso, in attesa di nuovi sviluppi della situazione. Arrivederci a presto».

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POLEMICA SULLA ZTL
Ieri è stata respinta dall'assemblea capitolina - con 15 astensioni e 2 voti contrari da parte della maggioranza M5S - la mozione presentata dal centrosinistra che prevedeva la disattivazione dei varchi della Ztl del centro storico. «Insieme ai colleghi Pelonzi del Pd e Fassina di Sinistra per Roma, chiedevamo di prevedere questa misura, già sperimentata nei mesi scorsi, per tutto il periodo dell'emergenza sanitaria - dice Svetlana Celli, capogruppo della lista civica Roma torna Roma - Una decisione coraggiosa che avrebbe permesso di sostenere concretamente i commercianti del centro storico, permettendo di raggiungere le zone dello shopping con la propria auto, e di agevolare i lavoratori che si recano al lavoro nelle zone a traffico limitato, alleggerendo il carico sui mezzi pubblici».

 

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 4 Novembre 2020, 16:47
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