Casapound, la mossa dopo lo sgombero: «Pronti a pagare l'affitto»
di Alessia Marani
Roma, manifestazioni degli ultrà e di Casa Pound, blindati il Circo Massimo e piazza Santi Apostoli
CasaPound, 16 indagati. Si tratta per lo sgombero del palazzo: «Nessuno è indigente»
«Di andare a Ostia non ci pensiamo nemmeno, quella non è nemmeno una nostra occupazione, abbiamo solo aiutato delle famiglie, non ci interessa», afferma. Ieri, intanto, è arrivata secca e puntuale anche la risposta del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri alla sindaca Virginia Raggi alla sua missiva del 28 maggio. Il ministro ha riepilogato la lunga vicenda dell’immobile, ricordando come l’11 luglio 2019 l’Agenzia del Demanio ha adottato l’ordinanza di sgombero, reiterando più volte la richiesta alla Prefettura e alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese. Gualtieri ha sottolineato come gli sgomberi siano di competenza della Prefettura, in stretto coordinamento con Roma Capitale, e si è detto dunque «lieto dell’interessamento al tema della tutela di un bene dello Stato da parte della sua amministrazione».
La questione sgombero di fatto resta al palo. Innanzitutto, c’è l’ordinanza di sequestro preventivo emessa dal gip che deve essere ancora formalmente notificata dalla polizia (probabilmente martedì) agli occupanti. CasaPound ha già dato mandato ai suoi legali di impugnare il provvedimento e fare ricorso. Dopodiché la palla passerà al comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica in Prefettura già alle prese con una lista di ventitré immobili da sgomberare con priorità data ai palazzi che hanno già una sentenza di provvedimento di sequestro. Non è il caso dell’edificio dell’Esquilino, dal momento che l’impianto accusatorio della Procura dovrà andare a processo e l’esito non è scontato. C’è di mezzo poi l’emergenza Covid che ha, di fatto, bloccato a Roma sfratti e sgomberi fino al primo settembre. Non ultima una questione politica: se si adotterà la linea dura con CasaPound allora ci sarà chi è pronto a reclamarla anche per le altre occupazioni illegali della città alimentate dal fronte della sinistra. Insomma, è in questo guado che CasaPound tenterà di giocarsi le sue carte.
Per il pm Eugenio Albamonte che ha richiesto e ottenuto il sequestro dell’immobile, la sede di via Napoleone III non è altro che il quartier generale di un’associazione a delinquere finalizzata all’istigazione dell’odio razziale. Sedici gli esponenti del movimento della tartaruga indagati, tra cui i leader Gianluca Iannone, Andrea Antonini e lo stesso Di Stefano. Il palazzo di proprietà del Demanio e occupato dal 2003 non è dunque un’occupazione di necessità per le famiglie, alcune delle quali, fra l’altro risultano avere redditi più che dignitosi. Il censimento lo ha stilato la Guardia di finanza calcolando per la Corte dei Conti il danno erariale subito dallo Stato in seguito all’occupazione. I magistrati contabili, in un’altra inchiesta, hanno citato in giudizio 8 dirigenti statali per la mancata riscossione del canone del palazzo occupato: un danno per le casse pubbliche pari a 4,5 milioni di euro. Notificato l’atto di sequestro, Napoleone III passerà sotto amministrazione del tribunale capitolino e sotto il profilo dell’ordine pubblico, il da farsi, alla Prefettura. Ieri la vicenda dello sgombero di CasaPound è finita persino sul New York Times. Ma adesso il rischio è che possa trasformarsi in una vittoria di Pirro di fronte alle lungaggini e agli ostacoli burocratici e politici.
Ultimo aggiornamento: Sabato 6 Giugno 2020, 14:55
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