​Ama, i conti non tornano: servono cinque milioni. «Rischio aumenti in bolletta»

La crisi aperta dopo il rogo di Malagrotta ha fatto lievitare la spesa per lo smaltimento

Ama, i conti non tornano: servono cinque milioni. «Rischio aumenti in bolletta»

di Francesco Pacifico

L’ultima crisi dei rifiuti presenta il conto ad Ama: soltanto nel secondo trimestre del 2022 la municipalizzata spenderà tra i 5 e i 6 milioni in più di euro per mandare l’immondizia della Capitale fuori Roma. Questa la stima (provvisoria) che gira negli uffici di via Calderon de La Barca. Quindi il 3 per cento in più rispetto ai 200 milioni circa all’anno, che la controllata di Roma Capitale impegna ogni anno per spedire in giro per l’Italia e l’Europa i materiali, visto che sono sempre meno gli impianti (Tmb, compostiere, biodigestori e discariche) dislocati nel suo territorio. Una percentuale non irrilevante e non solo perché parliamo di soldi pubblici: questo aumento, come segnalano dalla stessa Ama, potrebbe far saltare gli equilibri sulla Tari e costringere l’amministrazione ad alzare la tassa sui rifiuti. Tema dolente per i romani che già oggi pagano in media oltre 60 euro in più rispetto al resto del Paese, per un servizio a dir bene scadente.

IL QUADRO

Con una sola discarica di fatto a disposizione, quella di Albano Laziale, e un Tmb in meno (la seconda linea di Malagrotta) Ama fa sempre più fatica a trovare sbocchi dove lavorare i propri rifiuti. Anche perché questo impianto ora prende circa 500 tonnellate al giorno, meno della metà delle 1.100 inviate fino al giugno scorso. In questo scenario ogni tonnellata di indifferenziato (su 17mila prodotte a settimane quasi 11mila vanno fuori Roma) costa all’azienda tra i 210 e i 220 euro. Al riguardo si legge nell’ultima semestrale della municipalizzata: «In particolare dopo la chiusura della discarica di Roncigliano, nella frazione di Cecchina di Albano Laziale avvenuta l’11 marzo 2022 e il successivo incendio in data 15 giugno della linea 2 dell’impianto di E.Giovi che trattava 900 t/g, lo stato di criticità nella gestione dei rifiuti di Roma e Provincia è notevolmente aumentato, sia per quanto riguarda i quantitativi da gestire sia relativamente alla logistica e alle percorrenze dei mezzi che effettuano la raccolta con un aggravio di costi correlati a maggiori percorrenze e tariffe di conferimento più elevate».

Per la cronaca, a questi cinque milioni di euro ne potrebbero essere aggiunti altrettanti legati all’aumento del costo del gas, della benzina e dell’elettricità.

Spese in più che non rischiano soltanto di mettere in crisi i conti di Ama, che ha chiuso l’ultima semestrale in pareggio tagliando le manutenzioni affidate all’esterno, risparmiando sul personale e posticipando alcuni investimenti. Il vero allarme riguarda la Tari.

Sul calcolo dell’imposta il Comune ha pochissimi spazi di manovra: in estrema sintesi, e stando al metodo di calcolo realizzato da Arera, l’autorità del settore, la Tari viene quantificata partendo dalla spesa a carico delle municipalizzate per la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti registrata nei due anni precedenti. Quest’anno, per esempio, il Campidoglio ha potuto ridurre l’imposta (del 4 per cento per le famiglie e del 6,5 per negozi e imprese) perché nel 2020, con il Covid e il lockdown, la produzione della spazzatura è crollata con gli uffici chiusi e senza l’arrivo dei turisti. Nel 2021 e nel 2022 invece il trend è cambiato, senza dimenticare che anche gli extracosti di oltre 5 milioni per l’ultima crisi dovranno essere recuperati attraverso la tassa. Cioè pagati dai cittadini.

 

Ultimo aggiornamento: Lunedì 19 Settembre 2022, 00:11
© RIPRODUZIONE RISERVATA