Roma, schiava a 14 anni. «Costretta a sposarsi per soldi». Arrestati i genitori: la costringevano a chiedere l'elemosina

Il racconto choc della ragazzina alla polizia: «Voglio solo andare a scuola»

Schiava a 14 anni. «Costretta a sposarsi per soldi». I genitori la obbligavano a chiedere l'elemosina

di Michela Allegri e Camilla Mozzetti

 Voleva andare a scuola e studiare, giocare con gli amici. Invece, da quando era bambina i genitori la obbligavano a chiedere l’elemosina davanti al supermercato dove andavano i compagni di classe e, se non portava a casa abbastanza soldi, o se decideva di fare i compiti, la massacravano di botte: con bastoni, doghe del letto, lanciandole addosso bottiglie di vetro, ma colpendola anche con pugni e calci, fino a procurarle cicatrici permanenti sul corpo. «I miei genitori mi vogliono far sposare a 14 anni con uno che non conosco. Me lo avevano detto già ad 11 anni. Ho detto che se mi fanno sposare mi butto dal balcone e loro mi hanno risposto che intanto lo devo conoscere per fare i soldi e poi posso pure buttarmi», ha denunciato la ragazzina. È il 15 ottobre quando Patrizia (la chiameremo così) si presenta al commissariato di polizia San Basilio, periferia Est di Roma, e con il suo racconto fa arrestare la madre e il padre per riduzione in schiavitù e lesioni. Scoppia a piangere di fronte agli agenti e non parla solo di quel matrimonio combinato in cambio di denaro, ma anche del fatto che da quando ha 11 anni vive come «una schiava».

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LA DENUNCIA

È giovanissima, ma non conosce nulla della spensieratezza che è dovuta ai bambini. Mamma e papà sono i suoi mostri, e lei non sa cosa significhi essere abbracciata e amata da chi l’ha messa al mondo. Picchiata, a volte selvaggiamente: le lesioni sono state diagnosticate dai medici dell’ospedale Pertini che l’hanno visitata. Ora Patrizia si trova in una casa famiglia: ha trovato il coraggio di dire basta. E lo ha fatto grazie a due donne conosciute di fronte quel supermercato dove la madre la spediva ogni giorno a chiedere l’elemosina e dove lei vedeva anche le sue insegnanti e i genitori dei compagni di classe. Ai poliziotti ha raccontato tra le lacrime, ma con fermezza, la sua vita di stenti. I genitori, bosniaci senza occupazione, che vivono con lei e con altri 12 figli - il tredicesimo è in arrivo - in un appartamento di edilizia popolare a San Basilio - due camere da letto, una cucina e un bagno - sono stati arrestati. «A casa dormo per terra e muoio di freddo, il riscaldamento non funziona», ha raccontato Patrizia. Il padre, classe 1981, è in carcere e la madre, del 1986, è ora ai domiciliari, su disposizione del gip Monica Ciancio. Le indagini, della Polizia, sono state coordinate dall’aggiunto Michele Prestipino.
Nell’ordinanza si legge che la ragazzina «è stata posta in uno stato di soggezione continuativo, protrattosi senza soluzione di continuità per anni, senza che potesse far valere il suo disagio nel mendicare e il suo desiderio di frequentare la scuola e studiare».

Perché Patrizia, di fronte all’ipermarket, oltre a raccogliere tra i 30 e i 50 euro al giorno, chiedeva ai passanti anche libri e materiale scolastico.

I TESTIMONI

Gli inquirenti hanno ascoltato anche le insegnanti, le donne che l’hanno accompagnata in commissariato e diverse persone che hanno provato ad aiutare la ragazzina, regalandole cibo e vestiti caldi. Patrizia ha raccontato che a casa non ricevevano tutti lo stesso trattamento: solo le femmine erano obbligate a mendicare, mentre i fratelli potevano scegliere se farlo o meno e, soprattutto, potevano tenere per sé i guadagni. I soldi che riceveva Patrizia, invece, finivano nelle tasche dei genitori, che - scrive il gip - «utilizzavano le elemosine ricevute da lei e dalla sorella per divertirsi ed acquistare bevande alcoliche». La quattordicenne viveva una «vita di stenti» e veniva obbligata a svolgere mansioni pesanti: «Devo fare le pulizie tutte le sere per tutta casa, lo ha deciso mia madre e se non faccio le cose per tempo mi picchia». Veniva bastonata - anche con le doghe di un letto - anche quando chiedeva di poter studiare. È un racconto agghiacciante il suo: «Quando avevo 12 anni mi aveva chiesto (la madre, ndr) di prendere un bastone per pulire e per averlo accidentalmente rotto, mi ha picchiato con almeno cinque bastonate. Ho ancora il segno». Il gip descrive gli indagati come soggetti dalle «personalità violente e prevaricatrici, determinate a trarre fonti economiche per il soddisfacimento delle loro esigenze dall’accattonaggio delle figlie».


Ultimo aggiornamento: Lunedì 28 Novembre 2022, 11:35
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