Anzio, il papà della vittima: «Lo stupratore deve sperare che lo trovino i poliziotti»

Continua la caccia all’uomo che venerdì sera ha violentato una ragazza di 19 anni. La rabbia del padre: «Se scopro io chi è, non rispondo delle mie azioni»

Anzio, il papà della vittima: «Lo stupratore deve sperare che lo trovino i poliziotti»

di Ivo Iannozzi e Camilla Mozzetti

«Deve augurarsi che la polizia lo trovi prima di me perché non risponderei delle mie azioni». È un padre dilaniato dal dolore, quello della 19enne violentata venerdì sera su una stradina sterrata ad Anzio. Diversi agenti di polizia hanno dovuto calmarlo quando, a notte fonda, lo hanno chiamato dall’ospedale della cittadina perché la figlia era stata ritrovata, ma era sotto choc: vittima di violenza sessuale. L’ennesima che si è consumata non lontano dalla Capitale dopo gli abusi che una 16enne di Latina ha dovuto subire chiusa in una minicar. Chi lo ha visto in quelle ore parla di un uomo che teneva le mani chiuse a pugno, il volto sconvolto, la mascella serrata, lo sguardo perso e quelle parole che si ripetevano sempre uguali. 

Stupro ad Anzio, la rabbia

Una litania di rabbia cocente perché sua figlia è stata afferrata, gettata su un prato incolto, dietro una baracca ritrovo di disperati e tossici ed è stata violentata. Come fa un padre ad accettarlo? «Meglio che lo trovi la polizia», continuava a ripetere. Sua figlia - che chiameremo Angela - venerdì pomeriggio non sarebbe dovuta uscire: c’erano i compiti da fare, avrebbe dovuto studiare in vista di una scadenza importante poi però una sua amica l’ha convinta. C’era il weekend per mettersi in pari con le lezioni e allora si è decisa. Una passeggiata in un centro commerciale vicino ad Anzio, l’autobus che le riporta indietro, lei che scende quando ormai è buio sulla Nettunense e decide di “tagliare” ancora una volta per quella stradina che l’avrebbe portata in viale Nerone. Ancora pochi metri e poi sarebbe arrivata a casa. Con la sua amica, che invece ha proseguito la corsa, resta al telefono: quel viottolo lo percorre sempre come fanno tutti per accorciare ma era ormai buio e salutandosi sul mezzo le due ragazze si sono dette “vai, stiamo al telefono” perché entrambe conoscono quei 200 metri dove spesso c’è chi, nascosto nella vegetazione, spaccia o si droga.

E proprio mentre qualcuno - tuttora ricercato - ha afferrato Angela da dietro, trascinandola sull’erba, la sua amica ha perso la comunicazione.

Alla polizia non ha saputo raccontare altro se non che, ad un certo punto, la linea è caduta. Lei ha provato a richiamare Angela ma non le ha più risposto. Come la giovane non ha potuto rispondere alla madre che, non vedendola rincasare, aveva iniziato a cercarla. È stata lei a dare l’allarme: «Mia figlia non è tornata a casa, non risponde al telefono né ai messaggi». Gli agenti del commissariato - meno di 500 metri di distanza da dove si è consumato lo stupro - iniziano a cercarla e la trovano. Dopo la violenza Angela riesce a raggiungere il ciglio della strada. «Mi hanno violentata» dirà tra le lacrime poi il trasferimento in ospedale dove i sanitari avviano le procedure specifiche dedicate alle violenze sessuali. 

Gli elementi

Del suo aggressore al momento non c’è traccia: il caso viene preso in mano dagli agenti della Squadra Mobile di Roma ma al momento non ci sono elementi sufficienti a identificare l’aggressore. Non c’è un identikit: Angela non ha saputo fornire elementi utili a definire anche una vaga descrizione e pure gli impianti di videosorveglianza della zona non pare al momento siano stati confortanti. La stradina di fatto è pubblica, sulla sinistra il supermercato “Eurospin” ha alcune telecamere puntate però sul parcheggio interno senza arrivare a inquadrare l’area interessata e lo stesso per l’impianto di una delle scuole che si affaccia sul viottolo. Quasi certamente l’aggressore di Angela è fuggito sulla Nettunense senza arrivare dunque a viale Nerone. È tornato indietro da dove era arrivato considerata lecita l’ipotesi, avendo afferrato la ragazza alle spalle, che l’abbia avvistata quando è scesa dal bus e poi seguita. A questo punto delle indagini - senza testimoni, senza descrizioni, senza immagini al momento utili - dirimente sarà l’esame del Dna raccolto sulla vittima e sui suoi indumenti. Si confida di poter estrapolare tracce genetiche maschili da confrontare con quelle registrate in banca dati, sperando che l’uomo sia già schedato. 


Ultimo aggiornamento: Lunedì 15 Maggio 2023, 09:56
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