Roma, le sorelle rom arse vive: il rogo una vendetta per un traffico d’oro

Le sorelle rom arse vive a Roma, le fiamme una vendetta per un traffico d’oro

di Michela Allegri
Traffico d’oro e accordi violati. Sullo sfondo del rogo che, la notte del 10 maggio, ha divorato la roulotte della famiglia Halilovic e ucciso le tre sorelline Francesca, Angelica ed Elisabeth, c’è il mercato dei preziosi rubati. Giri di affari illeciti che prosperavano all’interno dei campi nomadi della Capitale e patti non rispettati per la spartizione del bottino, hanno provocato la più atroce delle vendette. Debiti e furti, estorsioni e ritorsioni. Sarebbe questo il movente della strage di Centocelle: la “febbre dell’oro” degli anni Duemila è sfociata nell’incendio che ha ucciso le sorelle di 4, 8 e 20 anni. Ora, i due esecutori materiali dell’agguato sono stati iscritti sul registro degli indagati della procura di Roma. Come le vittime, sono di origine rom e dovranno rispondere di omicidio plurimo, tentato omicidio e detenzione di oggetti incendiari. Sono ancora a piede libero: il sospetto degli investigatori è che siano riusciti a fuggire all’estero e che, oltretutto, possano aver contato su alcuni complici.

LE TELECAMERE
Gli agenti della Squadra mobile, diretti da Luigi Silipo e coordinati dai pm Pierfilippo Laviani e Antonino Di Maio, li hanno identificati grazie ai filmati delle telecamere di sorveglianza puntate sul parcheggio del centro commerciale “Primavera”, dove era posteggiato il camper delle vittime. Uno degli indagati è stato ripreso mentre, a volto scoperto, lanciava una molotov contro la roulotte in cui Romano Halilovic, il capofamiglia, dormiva insieme alla moglie Mela e a nove figli. L’altro killer lo aspettava a bordo di un furgone. Le sorelle non hanno avuto scampo: non sono riuscite a uscire dalla roulotte cosparsa di liquido infiammabile e divorata dalle fiamme. La più grande, Elisabeth, è rimasta intrappolata mentre cercava di aiutare le bambine. Tutti gli altri si sono salvati. Il dottor Antonio Oliva, che ha effettuato l’autopsia dei tre cadaveri, parla di decessi non dovuti all’asfissia, ma provocati dalla mole del fuoco che ha avvolto il veicolo.

IL PASSATO
Da subito le indagini si sono focalizzate sul passato di Romano Halilovic. Insieme alla famiglia, era fuggito da due campi nomadi. Prima abitava alla Barbuta, in zona Appia, vicino a Ciampino. Poi, si era trasferito in via Salviati, a Tor Cervara. Pochi giorni prima dell’agguato, aveva parcheggiato la roulotte vicino al supermercato nel quartiere di Centocelle. Si nascondeva - ha raccontato agli inquirenti - diceva di avere subito minacce troppo pesanti. Romano ha un “curriculum” importante: ha precedenti per estorsione e usura. «Aveva molti nemici», hanno raccontato agli investigatori alcuni conoscenti. Fin dal principio, quindi, la pista seguita è stata quella di una vendetta, di una faida all’interno della comunità rom che sarebbe sfociata anche in altri incendi ed aggressioni. In passato, infatti, in alcuni accampamenti della Capitale si sono registrate risse e violenze, in particolare tra serbi e bosniaci. Gli scontri sono avvenuti anche nei campi dove hanno vissuto gli Halilovic, che sono di origine bosniaca. Inizialmente, si ipotizzava che ci fossero stati screzi relativi all’assegnazione degli alloggi in via Salviati e alla Barbuta. Ora, invece, la procura ha ricostruito l’origine della faida.

IL BOTTINO
A scatenare la guerra tra le famiglie nomadi, alcuni traffici di oro all’interno dei campi. Un giro illecito di affari in cui erano coinvolti sia gli Halilovic che il gruppo di cui fanno parte gli indagati. Il sospetto è che il rogo sia stato una delle ultime vendette per un accordo saltato, legato alla spartizione del tesoro. Gli investigatori, infatti, non si stanno concentrando su un fatto specifico, ma su una rete di ritorsioni più articolata. Agli atti dell’inchiesta ci sono anche informative su altri incendi dolosi appiccati nelle settimane precedenti e successive a quello di Centocelle. L’ultimo, in ordine di tempo, è avvenuto proprio alla Barbuta, tre giorni dopo l’omicidio. L’ipotesi dei pm, quindi, è che la strage delle sorelle Halilovic si inserisca in una dinamica più ampia, in un reticolo di aggressioni e intimidazioni tra famiglie rivali che puntano ad accaparrarsi la preziosa refurtiva. Per identificare i responsabili della strage, gli agenti hanno passato al setaccio i campi nomadi della Capitale. Hanno cercato gli indagati anche fuori Roma, ma per il momento non li hanno trovati.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ultimo aggiornamento: Giovedì 3 Maggio 2018, 17:28
© RIPRODUZIONE RISERVATA