Tbc al Fatebenefratelli: indagati tre dirigenti per l'epidemia del 2017

Tbc al Fatebenefratelli: indagati tre dirigenti per l'epidemia del 2017

di Adelaide Pierucci
Sarebbe bastato adottare alcune misure di prevenzione per evitare la raffica di contagi e una potenziale epidemia. È partita da questo presupposto l'indagine della procura aperta su ventuno casi di tubercolosi esplosi in pochi mesi tra il personale di diversi reparti dell'ospedale Fatebenefratelli sull'isola Tiberina. Per la diffusione della malattia infettiva, accertata a partire dall'autunno del 2017, sono stati iscritti nel registro degli indagati il direttore sanitario del nosocomio insieme ad altri due dirigenti, a cui si contestano i reati di lesioni e violazione della legge sulla prevenzione degli infortuni nel lavoro.

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Un contesto accusatorio che potrebbe aggravarsi con un'ipotesi giudiziaria ben più grave: l'epidemia colposa. Per accertarla il pm Maria Bice Barborini e il procuratore aggiunto Nunzia D'Elia hanno disposto una consulenza mirata a verificare se la propagazione della malattia configuri un caso di contagio causato dello stesso batterio, per di più non ariginato dal vertice aziendale con precauzioni specifiche. Gli ammalati di Tbc, per lo più infermieri ma anche medici o tirocinanti, sono stati affidati, man mano che veniva diagnosticata la malattia, alle cure dei colleghi dell'ospedale Spallanzani, specializzato in malattie infettive. E fortunatamente per ognuno sono adottate terapie mirate che hanno portato al definitivo superamento della patologia.

IL PRECEDENTE
Un caso che ricorda l'allarme scoppiato nel 2011 in un altro ospedale romano quando più di cento neonati erano stati trovati positivi al test della Tbc. In quel caso era stata sufficiente una profilassi per scongiurare l'insorgere della tubercolosi, mentre al Fatebenefrateli la malattia è stata scoperta solo una volta esplosa in maniera conclamata, e per di più in dipendenti impegnati in diversi reparti. Sono stati i medici curanti a segnalare il problema alle Asl. Il passaggio successivo è stato il trasferimento dei camici bianchi contagiati allo Spallanzani. E' così che dagli iniziali 7 casi si è passati nel giro di qualche mese ai 21 accertati. Tra gli obiettivi degli inquirenti anche l'accertamento del primo focolaio di tbc, che avrebbe potuto coinvolgere anche i ricoverati.

Il pm Barborini aveva già dato disposizioni all'ospedale di adottare una serie di misure volte a contenere il numero di casi. L'attuazione delle prescrizioni era stata seguita con attenzione dagli investigatori a cui risulta che i vertici dell'ospedale hanno poi rispettato tempi e metodi dei precetti imposti. Tra i primi casi registrati quello di un ex addetto di un bar interno, tra i pochi non sanitari colpiti. La persona contagiata, un trentacinquenne, accertata la malattia, era stata ricoverata in isolamento in attesa di un posto all'ospedale Spallanzani. Fino ad allora il contagio aveva riguardato solo medici e infermieri di prima linea, in reparti come il pronto soccorso o la breve osservazione, compresa una studentessa impegnata nel tirocinio. L'ospedale, però, ha sempre negato una epidemia.
 
Ultimo aggiornamento: Martedì 9 Ottobre 2018, 09:07
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